Software gestionali, quanto sono diffusi in Italia? E quanto valgono?

Le imprese italiane, pubbliche e private, hanno scoperto l’importanza dei software gestionali, tanto che il 93% delle PMI ne ha adottato almeno uno. Il principale freno alla trasformazione è di natura culturale, ma esistono ampi margini di miglioramento. E’ lo scenario tracciato dalla ricerca “Il software gestionale in Italia: il percorso di trasformazione di PMI e PA” a cura degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con AssoSoftware. Dall’analisi, emergono anche i numeri del business: nel 2021 le aziende che operano in Italia nell’ambito del software e dei servizi a esso correlati, hanno generato un fatturato di 51,3 miliardi di euro, in crescita del 14% rispetto al 2020. Le PMI e le grandi imprese rappresentano l’86% del mercato, per un totale di 44,2 miliardi di euro, mentre le microimprese arrivano a 7,1 miliardi. Guardando esclusivamente alle software house in ambito software gestionale (comparto che conta oltre 133.000 dipendenti impiegati) queste hanno generato un fatturato complessivo di 19,9 miliardi di euro nel 2021, in crescita del 16% rispetto all’anno precedente.

I numeri dei software gestionali

La ricerca, condotta su un campione di 514 PMI cross-settoriali e 158 comuni, evidenzia un buon livello di diffusione dei software gestionali e, in alcuni campi, un trend di crescita rispetto allo scorso anno. Tra i software considerati nel perimetro d’analisi, la crescita più significativa è stata registrata dai moduli di Gestione documentale e workflow (adottati dal 48% delle PMI, +6 punti percentuali rispetto al 2021), probabilmente promossi dal cambio delle modalità di lavoro occorso a seguito della pandemia. Secondo per crescita ma primo per diffusione, è possibile riscontrare il modulo di Gestione amministrativa e contabile (presente nell’87% delle imprese, +4 p.p.) che resta il più presente nelle imprese: rappresenta spesso il primo passo nell’adozione di soluzioni software e continua a consolidarsi, registrando comunque una crescita significativa anno su anno. Cresce anche la diffusione dei software di Controllo di gestione (58%, +3 p.p. rispetto al 2021), un ambito di pianificazione che sempre più rappresenta un progredire il percorso di digitalizzazione verso un approccio trasversale analitico e automatizzato a supporto delle decisioni.
Crescono, infine, anche il CRM (42%, +2 p.p. rispetto al 2021), che tuttavia risulta ancora essere il modulo meno diffuso, ad evidenziare uno scarso orientamento analitico alla gestione della relazione con il cliente e dei processi di vendita, e i software per la gestione del personale (61%, +1 p.p.). Restano invece stabili i livelli di diffusione dei moduli gestionali legati ai processi core di back end, ovvero la Logistica e magazzino (54%) e l’Approvvigionamento e produzione (50%), in cui gli impatti ricercati nel percorso di digitalizzazione su efficienza ed efficacia incidono direttamente sui risultati d’impresa.

Rilevanza strategica radicata

“La consapevolezza sulla rilevanza strategica dei software è ormai radicata, in ambito pubblico e privato, pur con obiettivi diversi” dichiara Piermassimo Colombo, Vicepresidente AssoSoftware. “Le PMI e le PA avanzate nel percorso di trasformazione sono ancora poche ma i casi di successo evidenziano benefici tangibili legati all’efficienza e all’efficacia dei processi. L’impatto potenziale di queste soluzioni sul sistema paese è significativo ma deve essere correttamente guidato. Enti e aziende dichiarano una mancanza di risorse finanziarie e competenze per poter accelerare: è necessario che tutto l’ecosistema, a partire dalle istituzioni fino agli attori del mercato, si muova in modo coordinato per favorire questo percorso, promuovendo piani di incentivazione e lavorando alla creazione delle competenze digitali nel Paese, ambito su cui l’Italia è particolarmente indietro rispetto al resto d’Europa”.

Cambiare lavoro: gli over 40 in cerca di nuove opportunità

Il mercato del lavoro è ricco di opportunità anche per gli over 40. Quello che serve è la capacità e la prontezza di coglierle al volo. Sono tante infatti le persone che arrivano alla soglia dei 40 anni, e la superano, e scelgono di dare una svolta alla propria vita e alla propria carriera. Non si tratta di crisi di mezza età, più che altro, sono decisioni maturate a seguito di un’attenta riflessione, e accompagnate dal desiderio di rimettersi in gioco. Secondo gli esperti di Jobiri, il career advisor digitale che utilizza l’Intelligenza Artificiale per supportare i professionisti, la cosa importante è non lasciarsi influenzare dagli stereotipi, come il falso mito secondo cui passati i 40 anni le aziende non assumono più.

Investire sulla formazione per affrontare nuove sfide

Sono diversi i motivi per cui un quarantenne decide di cambiare lavoro, un licenziamento, situazioni conflittuali nell’ambiente professionale, demotivazione, o semplicemente, voglia di affrontare nuove sfide. Una volta appurata la volontà di cambiare lavoro, si pone un’altra questione e cioè se si desidera rimanere nel medesimo settore di mercato o si propenda per un cambiamento radicale. Chiarito anche questo punto, non resta che seguire alcuni semplici consigli. Secondo gli esperti di Jobiri, per cambiare lavoro a 40 anni con successo bisogna innanzitutto investire sulla propria formazione. Che si tratti di rimettersi sui libri o seguire un corso formativo, il know how è importante per qualsiasi professione.

Aggiornare il CV e seguire un percorso di Career Coaching

Al contempo, è utile aggiornare il proprio CV, anche alla luce di eventuali risultati raggiunti in ambito formativo, come la frequentazione di scuole o corsi specifici, e coltivare costantemente la propria rete di contatti, perché spesso è proprio tramite le relazioni con gli altri che emergono nuove opportunità di lavoro. Iniziare un percorso di Career Coaching, poi, potrebbe aiutare molto per affrontare un cambiamento lavorativo dopo i 40 anni, permettendo di mettere a fuoco le criticità che non consentono di raggiungere gli obiettivi professionali e individuare le tecniche migliori per ottenere il lavoro desiderato senza ansia e stress.

L’atteggiamento positivo è senza età

Non bisogna poi dimenticare l’aspetto psicologico. Per cercare lavoro, spiegano gli esperti di Jobiri, bisogna avere sempre un atteggiamento positivo e proattivo, a prescindere dall’età. Quando poi si tratta di affrontare una sfida come quella di cambiare professione dopo i 40 anni, vedere il bicchiere mezzo pieno e fare affidamento sulle proprie capacità è ancora più importante.

Tradizione, autenticità e buona tavola: i trend della vacanza degli italiani

Voglia di autenticità e di tradizione, sia nei luoghi che si visitano sia nelle specialità che si assaggiano: ecco uno dei trend più forti che ha animato la scelta nella vacanza degli italiani. Che, oltre all’aspetto prettamente leisure, desiderano vivere quando sono lontani da casa anche esperienze più “profonde”. La tendenza è emersa dalla recente ricerca condotta da Bva Doxa per il Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina, che ha voluto indagare la passione dei nostri connazionali per gli spuntini salati della tradizione, rivisitati in chiave contemporanea. Passando a qualche dato, si scopre che per 3 italiani su 10 (soprattutto Millennials) la cucina tipica locale si degusta alternando un pasto completo a tanti spuntini tipici, con finger food in movimento. Il must è lo spuntino salato da assaporare immersi nella natura, contemplando un monumento o una bellezza architettonica.

Passione “street food”

Il report fa emergere che in particolare i Millennials amano destrutturare il pasto mangiando street food e spuntini salati all’aria aperta nel corso della giornata, passeggiando al parco, in movimento e senza l’utilizzo di un tavolo e una sedia. Sappiamo anche che amano lo street food e per loro è sinonimo di condivisione. Ma i nostri connazionali come preferiscono gustare la cucina di territorio? Se da un lato i boomer, tra i 55 e i 74 anni, si rivelano dei “conservatori” preferendo un pasto completo da consumare seduti a tavola (60%), sono i Millennials a dettare le nuove regole: per 3 italiani su 10 (soprattutto nella fascia 18-34 anni) la cucina tipica locale si degusta alternando un pasto completo con tanti spuntini tipici a base di finger food in movimento. Non solo, il 15% sostituisce direttamente i pasti con tanti break nel corso della giornata. In merito al luogo ideale per concedersi uno spuntino in vacanza, per 1 italiano su 2 coincide con l’immersione nella natura oppure con la contemplazione di un monumento o una bellezza architettonica, contro il 23% che preferisce il momento della passeggiata. Ma la domanda viene da sé: spuntino dolce o salato? Per quasi 4 italiani su 10 non c’è dubbio, il vincitore è lo spuntino salato, mentre il 27% ama alternarlo con il dolce e il 19% si rivela “rigoroso”, riservando il salato al pomeriggio e il dolce per la mattina.

Identità dei luoghi

Ancora più profondo, secondo i vacanzieri,  il legame fra territorio e cibo. Per 1 italiano su 2 (48%) la cucina tipica locale esprime la vera identità dei luoghi in cui è nata. Un altro fattore di attrazione è la varietà territoriale ed enogastronomica del nostro Paese: per 4 italiani su 10 (38%) la cucina locale è sempre diversa, a seconda della cultura e della tradizione del territorio e per il 33% parla di autenticità, in quanto specchio della memoria locale.

I rincari delle bollette “aiutano” la sostenibilità ambientale 

Per la prima volta in sei anni le curve dei comportamenti energetici virtuosi degli italiani si sono impennate, organizzando cicli di lavatrici e lavastoviglie a pieno carico, spengendo i led, e tenendo il riscaldamento al minimo. Negli anni precedenti, nonostante la sensibilità ecologica degli italiani sembrasse cresciuta a livello di atteggiamento, e le discussioni sulla salvaguardia del pianeta fossero diventate trending topic, alle parole non sono seguiti i fatti. Il cambiamento infatti non è stato notato a livello di comportamenti. Ma nel pieno della tempesta dei rincari dell’energia abbattuta su famiglie e imprese, l’ultima edizione dell’Osservatorio Green Home Smart Home di Eumetra mostra una nota di speranza.

Gli elementi “fissi” del consumo energetico

In altre parole, solo quando si è toccati sensibilmente nel portafoglio si decide a mettere in atto una serie di pratiche virtuose, volte a risparmiare sui consumi di energia. Del resto, cos’altro possono fare le famiglie? Il consumo energetico è innanzitutto in funzione di alcune componenti fisse, come la zona geografica e climatica di residenza (risiedere al Nord o al Sud, al mare o in montagna fanno la differenza), le caratteristiche dell’abitazione (ad esempio, quanto è grande o coibentata) e la struttura della famiglia (numero di componenti). Questi elementi, dunque, sono un presupposto non modificabile.

…e quelli modificabili: dotazioni e impianti

Ciò che si può modificare sono le dotazioni dell’abitazione, ovvero gli impianti e gli elettrodomestici, oltre che le opere di isolamento termico della casa e dei serramenti. E su tale componente hanno cercato di fare leva gli ecobonus, incoraggiando gli investimenti in opere e dotazioni che comportino una maggiore efficienza energetica. Che si tratti di impianti come la pompa di calore o l’impianto fotovoltaico, o dotazioni come la caldaia, lo scaldabagno o il condizionatore, o gli elettrodomestici, si può agire sostituendo le vecchie dotazioni con quelle tecnologicamente più avanzate e più efficienti energeticamente.

I comportamenti possono divenire più virtuosi

La terza macro-componente, anch’essa variabile e quindi modificabile, riguarda i comportamenti virtuosi, le attenzioni messe in atto al fine di risparmiare energia. L’Osservatorio Green Home Smart Home monitora le tre macro-componenti, sapendo che dotazioni efficienti e comportamenti virtuosi sono le variabili sulla quali agire in un’ottica di efficientamento energetico. Nelle prossime edizioni dell’Osservatorio, sarà interessante approfondire i comportamenti virtuosi delle famiglie, e le soluzioni adottate in relazione anche ad altre dotazioni domestiche, come, ad esempio, i serramenti, o gli elettrodomestici, la cui sostituzione risulta più agevole rispetto ad altri impianti più impegnativi, ma con indubbi vantaggi dal punto di vista del risparmio energetico e della bolletta.

I bambini passano troppo tempo sui social: tanto da perdere un notte di sonno a settimana

I bambini, anche quelli piccoli di soli 10 anni, passano troppo tempo sui social media. Tanto da perdere una notte intera di sonno ogni settimana. A fare questo preoccupante conteggio è il professore di psicologia John Shaw, che con il suo team della De Montfort University Leicester ha esplorato il rapporto fra piccoli, social e sonno. La sua ricerca ha coinvolto 60 bambini, tutti di dieci anni, provenienti da diverse scuole del Regno Unito. La media di ore di sonno a notte si è attestata a 8,7, decisamente meno delle 9-11 ore consigliate per quella fascia di età. Nel corso di un’intera settimana, questa carenza si traduce nella perdita di una notte di sonno ogni sette giorni. Dei bambini “testati”, il 70% ha dichiarato di aver utilizzato i social media per più di quattro ore al giorno, con due terzi che hanno affermato di utilizzarli nelle ore subito prima di coricarsi. Ma c’è di più: a disturbare i sogni di questi bambini – oltre alla volontà di rimanere incollati ai loro device il più a lungo possibile – c’era anche la curiosità di vedere cosa accedesse in loro assenza sulle piattaforme social. Tanto che circa il 12,5% dei bambini di 10 anni si sveglia volontariamente nel cuore della notte per controllare le notifiche. 

Più di quattro ore al giorno sui social, soprattutto TikTok

Nella ricerca, è anche emerso che la maggior parte dei bambini intervistati ha ammesso di aver utilizzato i social media per “più di quattro ore al giorno”, con due terzi che hanno affermato di utilizzarli proprio prima di coricarsi. “Il timore di essere estromessi, che è amplificato dai social media, sta influenzando direttamente il sonno dei più piccoli, che vogliono sapere cosa stanno facendo i loro amici – ha spiegato il dottor John Shaw durante un intervento al British Science Festival – Se non sei online quando sta succedendo qualcosa, significa che non stai prendendo parte a quella cosa. Si cade in un loop: chi è ansioso va ancora più sui social media, il che lo rende più ansioso ancora, con un impatto negativo sul sonno”. TikTok ha il maggior coinvolgimento nei bambini intervistati, con il 90% che ha sottolineato di aver utilizzato l’app di notte. Snapchat è al secondo posto con l’84%, mentre poco più della metà ha usato Instagram.

Che fare?

Un numero corretto di ore di sonno è fondamentale per la salute e il mantenimento delle funzioni cerebrali, a tutte le età e a maggior ragione per chi è in crescita. Per questo è importante anche contingentare l’utilizzo dei device e delle app. “È importante stabilire delle routine del sonno” ha dichiarato il professor Shaw. “E’ opportuno spegnere il telefono almeno un’ora prima di andare a dormire. E se proprio devo utilizzarlo, è fondamentale usare un filtro per la luce blu”. 

Ransomware: il retail è il secondo settore più colpito

È quanto emerge dalla ricerca dal titolo The State of Ransomware in Retail 2022 di Sophos: dopo i comparti media, tempo libero ed entertainment nell’ultimo anno è il retail il secondo settore economico più colpito dagli attacchi ransomware.
“I retailer continuano a subire una delle ondate più aggressive di attacchi ransomware – dichiara Chester Wisniewski, principal research scientist di Sophos -. Con più di tre operatori su quattro a essere stati colpiti nel 2021, gli incidenti legati al ransomware sono certamente una questione di ‘quando’ avverranno, non ‘se’ accadrà”.
A livello globale, è stato colpito infatti il 77% degli operatori retail, un dato in aumento del 75% rispetto al 2020, e superiore dell’11% rispetto al 66% di media generale registrato tra i settori esaminati dalla ricerca.

Cresce anche l’importo medio pagato dalle vittime

“Solo il 28% dei retailer colpiti è riuscito a evitare che i propri dati venissero cifrati – continua Wisniewski -, a indicazione del fatto che una porzione rilevante di questo settore ha bisogno di migliorare l’atteggiamento difensivo con i giusti strumenti, e con l’aiuto di esperti di sicurezza addestrati in modo appropriato”.
Ma non è aumentata solamente la percentuale degli operatori del retail a essere attaccati dal ransomware, lo stesso è accaduto anche agli importi medi dei riscatti pagati. Nel 2021 la cifra media estorta è stata infatti di 266.044 dollari, +53% rispetto al 2020 (147.811 dollari). Tuttavia, questo dato rappresenta meno di un terzo della media generale di tutti i settori presi in esame (812.000 dollari).

Da 50.000 a più di 1 milione di dollari di riscatto

“Spesso gang diverse di cybercriminali si concentrano su settori differenti: alcuni gruppi con minori competenze chiedono riscatti compresi tra 50.000 e 200.000 dollari, mentre organizzazioni criminali più ramificate ed esperte con una superiore visibilità chiedono 1 milione di dollari o più – commenta Wisniewski -. Sfruttando i servizi offerti da IAB (Initial Access Broker) e provider RaaS (Ransomware-as-a-Service), è purtroppo semplice anche per i delinquenti di basso livello acquistare accesso di rete e un kit ransomware per lanciare un attacco senza troppa fatica”.

Le conseguenze sul proseguimento delle attività

Se il retail è il secondo settore più colpito, l’aumento percepito nel volume e nella complessità dei cyberattacchi contro questo comparto è leggermente inferiore rispetto alla media generale (55% in entrambi i casi). Ma il 92% degli operatori del retail colpiti da ransomware ha affermato che l’attacco ha avuto conseguenze sul proseguimento delle attività e l’89% ha riportato la perdita di business o fatturato. Il costo complessivo sostenuto dal settore retail nel 2021 per riprendere l’attività in seguito agli attacchi ransomware è stato però di 1,27 milioni di dollari, in calo rispetto agli 1,97 milioni del 2020. Rispetto al 2020, la quantità di dati recuperati dopo il pagamento del riscatto è diminuita (dal 67% al 62%), così come la percentuale di operatori che hanno riavuto indietro tutti i loro dati (dal 9% al 5%).

Digital Marketing: i più utilizzati nelle campagne sono gli sms per comunicare flash sales

Grazie agli elevati tassi di lettura e all’assenza quasi totale di spam gli sms sono uno degli strumenti di digital marketing più efficaci tra quelli a disposizione dalle aziende. Particolarmente utili in diverse situazioni, dalla raccolta di informazioni per indagini di mercato alle campagne per nuovi lanci e promozioni a event-driven marketing, o ancora in occasione degli auguri per il compleanno e per le festività, gli sms negli ultimi anni sono stati molto utilizzati per le campagne di digital marketing. Soprattutto per comunicare flash sales.

Perfetti per le promozioni di breve durata
In base ai dati relativi agli ultimi 12 mesi forniti da Skebby.it, la piattaforma che offre servizi professionali di mobile marketing & service, la parte del leone è svolta proprio dagli sms finalizzati a comunicare flash sales, che rappresentano il 34,63% di tutti i messaggi inviati per campagne di marketing. Gli sms sono particolarmente adatti a questo tipo di promozioni di breve durata, proprio perché, garantendo un’altissima percentuale di lettura entro pochi minuti, consentono di raggiungere molto rapidamente il destinatario, oltre al vantaggio di poter arrivare su tutti i telefoni, non solo gli smartphone.

La classifica degli sms più inviati
Il secondo posto della classifica degli sms più inviati nell’ambito delle attività di marketing è ricoperto da quelli destinati a incentivare le persone a recarsi nei punti vendita (14,95%), magari proponendo promozioni speciali o segnalando novità, seguiti poi dagli sms relativi al lancio di nuovi prodotti o servizi (13,54%). Scendendo dal podio troviamo poi altri tipi di utilizzi marketing, tra cui gli inviti a eventi, messaggi per portare visite al sito web e molto altro.

Promuovere servizi, prodotti o semplicemente fidelizzare i clienti
“Considerando quante ore ognuno di noi trascorre oggi con lo smartphone in mano, è facile comprendere come non si possa più prescindere dall’includere l’SMS marketing tra le attività da prevedere per promuovere servizi, prodotti o semplicemente fidelizzare i clienti”, ha commentato Domitilla Cortelletti, Marketing Manager di Skebby.it -. Grazie al nostro servizio di Landing Page poi, è possibile inserire nei messaggi un link a una pagina web creata in modo molto intuitivo e rapido con modelli da personalizzare – ha aggiunto Domitilla Cortelletti -, consentendo così, anche ai non esperti, di creare vere e proprie landing page dedicate a eventi, promozioni, e rendendo gli sms strumenti di digital marketing ancora più efficaci e versatili”.

Nel secondo trimestre 2022 spedizioni di smartphone a -9% 

A causa del calo della domanda nel secondo trimestre del 2022 le spedizioni globali di smartphone sono scese a 287 milioni di unità (-9%).
Secondo i dati della società di analisi Canalys, è la cifra trimestrale più bassa dal secondo trimestre del 2020, quando la pandemia ha colpito per la prima volta.  È Samsung a guidare il mercato, con 61,8 milioni di smartphone spediti e una quota di mercato del 21%, mentre nonostante la debole stagionalità Apple ha mantenuto il secondo posto, spedendo 49,5 milioni di iPhone per una quota di mercato del 17%.
Xiaomi è invece rimasta al terzo posto, con 39,6 milioni di unità, e OPPO e vivo completano la top five rispettivamente con 27,3 e 25,4 milioni di unità spedite.

Carenze della catena di approvvigionamento: non è più il problema più urgente

“I principali fornitori cinesi sono riusciti a stabilizzare le loro prestazioni mondiali rispetto allo scorso trimestre, nonostante un altro round di contrazioni a due cifre su base annua – dichiara Toby Zhu, analista di Canalys -. Le carenze della catena di approvvigionamento non sono più il problema più urgente poiché gli ordini di componenti vengono abbattuti rapidamente e i fornitori hanno iniziato a preoccuparsi dell’eccesso di offerta. Questo ha comportato riduzioni di prezzo per i componenti chiave – continua Zhu -. I fornitori potrebbero utilizzare i risparmi extra per migliorare la competitività del prodotto dei nuovi lanci nella seconda metà dell’anno. Allo stesso tempo, ciò potrebbe rendere ancora più difficile sbarazzarsi dei vecchi modelli. La situazione dell’eccesso di offerta richiede più capacità di pianificazione dei fornitori rispetto al periodo di carenza”, si legge su ChannelCity.

Consumatori sempre più orientati a telefoni economici

La crisi del settore non è spiegata solo dai ridotti volumi di vendita, ma anche dalle scelte dei consumatori, che stanno cominciando ad abbandonare la fascia media del mercato per spostarsi verso quella bassa, andando quindi a intaccare ulteriormente i margini delle aziende che vendono top di gamma.
Secondo Runar Bj›rhovde, Research Analyst presso Canalys, le aziende hanno dovuto far fronte a una domanda debole, che ha portato a ripensare le strategie trimestrali.

Un calo influenzato anche dalla domanda elevata di dodici mesi fa

L’aumento dell’inflazione e l’accumulo di scorte hanno portato i produttori a ‘rivalutare il proprio portafoglio’ per il resto del 2022. Per gli analisti, il calo del 9% è influenzato anche dalla domanda elevata di dodici mesi fa, quando dopo il difficile 2020 il settore aveva beneficiato di una forte impennata dei consumi. Per Canalys, oggi il reddito disponibile è più orientato ad altri prodotti e beni, non solo verso l’elettronica, riferisce Ansa. “Una profonda collaborazione con i canali per monitorare lo stato dell’inventario e della fornitura sarà fondamentale per i fornitori per identificare le opportunità a breve termine – sottolinea Toby Zhu -, mantenendo al contempo sane partnership di canale nel lungo periodo”.

Stranger Things, così i cybercriminali raggirano i fan

Il desiderio di vedere come si conclude la propria serie preferita, magari pagando un prezzo minore rispetto all’abbonamento della piattaforme ufficiali: oppure la possibilità di acquistare oggetti di merchandising personalizzato; o ancora, sapere in anteprima cosa accadrà… I fan di Stranger Things, una delle serie più famose di sempre e giunta alla quarta stagione dopo una lunga attesa dovuta al Covid, pare siano pronti (quasi) a tutto pur di soddisfare la loro curiosità. Anche ad abbassare le difese e a farsi truffare dai cybercriminali. A lanciare l’allarme sui questo incredibile fenomeno è Kaspersky, che ha scovato i nuovi sistemi con cui i truffatori del web riescono a carpire informazioni sensibili – come i dati bancari – a chi è più sprovveduto.

Il desiderio di risparmiare costa carissimo

Tra le modalità emerse dall’analisi di Kaspersky, spicca proprio l’inganno legato alla possibilità di vedere i nuovi episodi – peraltro già rilasciati – ma senza i costi della piattaforme ufficiale. Approfittando dell’interesse suscitato da questa popolare serie, alcuni criminali informatici hanno offerto agli utenti la possibilità di “guardare i nuovi episodi a solo 1 dollaro”. Per accedere a questa offerta è stato chiesto di registrare un nuovo account e di inserire il proprio indirizzo e i dati bancari. In seguito, dopo aver inserito le informazioni, i truffatori hanno prosciugato i portafogli delle vittime, senza che queste potessero accedere alla nuova stagione della loro serie preferita. Ma non solo: i ricercatori di Kaspersky hanno trovato numerosi esempi di e-mail di spam e pagine di phishing progettate per rubare il denaro e le informazioni personali dei fan.

L’amo nella mail

Gli esperti di Kaspersky hanno rilevato e-mail di spam che sfruttano la popolarità di Stranger Things. Questo tipo di email viene usato per vendere prodotti di dubbia qualità e viene diffuso attraverso email promozionali senza il consenso del destinatario. Ad esempio, in una delle e-mail di spam è stata data agli utenti la possibilità di acquistare magliette relative alla nuova stagione di Stranger Things, con grafiche in edizione limitata. Inoltre, il sito supportava tutte le lingue e tutte le valute per il pagamento. Non è detto che si tratti necessariamente di una pagina di phishing, ma il fatto che gli annunci di questi prodotti siano stati promossi tramite spam e che il dominio stesso sia stato creato solo di recente, fa sorgere dei sospetti sulla sicurezza di queste pagine.

Un pericolo elevato

“Il finale della quarta stagione è stato una montagna russa per molti spettatori, me compresa, in quanto fan della serie. Tuttavia, il finale doloroso e impegnativo non ha fatto altro che alimentare il desiderio dei fan di saperne di più, aumentando l’entusiasmo per la quinta stagione di Stranger Things” ha dichiarato Olga Svistunova, Security Expert di Kaspersky. “Come sappiamo, quando c’è un forte interesse da parte del pubblico, i truffatori cercheranno sempre di approfittarne. Possiamo quindi aspettarci che i criminali informatici comincino presto a sfruttare attivamente la popolarità di quest’ultima stagione. Il pericolo per gli utenti è quindi elevato, ecco perché i fan devono fare attenzione: cercare di risparmiare sull’abbonamento a un servizio di streaming può far perdere molto più di quanto si potrebbe mai risparmiare”.

Economia circolare ed energia rinnovabile contrastano il caro bollette

Come contrastare in maniera efficace i rincari energetici che pesano sulle bollette di luce e gas degli italiani? Una risposta arriva dall’utilizzo delle fonti derivanti dalle fonti rinnovabili e dalle possibilità dell’economia circolare. A quanto emerge dall’ultima indagine Ipsos, L’Italia e l’economia circolare, presentata in occasione della IX edizione di EcoForum (la conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club), quasi il 70% dei cittadini intervistati ritiene che lo sviluppo dell’economia circolare e l’energia da fonti rinnovabili possano combattere l’aumento delle bollette.  In un contesto dominato da incertezze economiche, sanitarie e geopolitiche, di anno in anno incrementa la quota dei forti conoscitori dell’economia circolare, +10% in 4 anni, ma non si allarga il bacino complessivo dei conoscitori. Purtroppo, il livello di conoscenza dei principi dell’economia circolare rimane sostanzialmente invariato (41%).

È più importante investire per rigenerare impianti industriali esistenti

Rispetto al totale della popolazione intervistata, i conoscitori dell’economia circolare reputano maggiormente importante investire sulle risorse per rigenerare impianti industriali esistenti, e dare più autorizzazioni per la costruzione di impianti di riconversione e riciclo. Inoltre, oltre un italiano su due pensa che l’Italia sia sotto la media europea per impegno nella circolarità, e quasi due su dieci pensano che siamo agli ultimi posti in Europa. E anche tra i conoscitori dell’economia circolare, la percezione risulta del tutto simile. 

Come rispondere ai rincari energetici?

Quasi sette italiani su dieci ritengono che lo sviluppo dell’economia circolare e l’energia proveniente da fonti rinnovabili contrasterebbero l’aumento delle bollette, tema al momento molto preoccupante e sentito. Il 48% degli intervistati ritiene poi che i ‘green jobs’, ovvero i lavori collegati alla sostenibilità, aumenteranno in futuro. Inoltre, gli italiani mostrano di avere le idee chiare anche su dove dovrebbero concentrarsi gli investimenti per aumentare la circolarità: i conoscitori (41%) inseriscono nelle prime 5 posizioni alcune azioni particolarmente drastiche, come la chiusura di impianti a rischio e delle aziende inquinanti.

La crisi pandemica ha insegnato che cambiare si può

In ultima analisi, il 75% degli intervistati ritiene che la pandemia Covid-19 abbia dimostrato che è possibile per le persone trasformare il proprio comportamento molto rapidamente, e il 71% degli intervistati concorda sul fatto che la ripresa post pandemia sia un momento unico per costruire società più resistenti agli shock futuri. In sintesi, la crisi pandemica ha insegnato che cambiare si può, specie se la società civile diventa più attenta, se la burocrazia aiuta e se ci sono risorse adeguate.