Il lockdown ha peggiorato il benessere psicologico dei lavoratori

I lavoratoti italiani non sempre sono soddisfatti della propria situazione professionale. A causa di questo, tre lavoratori su quattro soffrono di ansia e stress, e il lockdown ha contribuito ad aumentare il diffondersi di patologie come l’insonnia. Se più del 60% delle aziende afferma di promuovere azioni dirette ad aumentare il benessere dei propri lavoratori, puntando soprattutto su flessibilità o benefit economici, sono ancora poche le aziende che scommettono su iniziative volte a sostenerne il benessere psicologico. È quanto emerge dalla ricerca BVA Doxa per Mindwork, la società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale

Ansia e stress per un quarto dei lavoratori

Disturbi legati a stati di tensione quali irritabilità, inquietudine, irrequietezza o, ancora, ansia colpiscono almeno una volta al mese circa un lavoratore su quattro. A queste problematiche si sommano, poi, le difficoltà dovute dall’esigenza di bilanciare il lavoro con la vita privata: solo un lavoratore su tre afferma di aver trovato questo equilibrio. Il quadro è stato ulteriormente peggiorato dal lockdown, che ha contribuito ad aumentare le sensazioni di ansia e disagio (+15%), nonché il diffondersi di patologie come l’insonnia (+9%).

Sebbene si tratti di una netta minoranza, c’è però anche chi vive serenamente la propria vita lavorativa: un lavoratore su dieci, infatti, si dichiara pienamente soddisfatto della propria occupazione, e gode di un equilibrio psico-fisico ottimale.

Le conseguenze dell’assenteismo

Quasi un lavoratore su tre ammette di essersi assentato dal lavoro una o più volte a causa di eccessivi carichi di stress e ansia. Questa condizione colpisce in particolare le figure apicali. Da questo quadro, inoltre, emergono anche problemi economici: la Commissione europea stima in 136 miliardi le perdite in produttività causate dall’assenteismo dal posto di lavoro derivato da malessere psicologico. C’è poi chi ha valutato lo scenario più estremo: il 37% dei lavoratori italiani, infatti, ha lasciato un lavoro a causa del malessere emotivo legato all’ambiente professionale. Un fenomeno particolarmente comune tra gli under 34.

Il punto di vista delle aziende

Di fronte a un contesto così gravoso reso ancora più complesso dall’emergenza Covid-19, più del 60% delle aziende promuove azioni dirette ad aumentare il benessere dei propri lavoratori puntando però soprattutto su flessibilità (sia in termini di orario sia di ricorso allo smart working) e/o benefit economici.

Sono ancora in pochi, invece, a scommettere su iniziative volte a sostenere il benessere psicologico dei singoli, anche se oltre il 60% valuterebbe positivamente un’iniziativa in tal senso. Parlare apertamente di disagio psicologico risulta però ancora difficile. Quasi il 50% dei lavoratori non si sente libero di dichiarare il proprio malessere. E se con amici e familiari c’è meno reticenza, l’ambiente di lavoro appare ancora un luogo poco adatto in cui esprimere il proprio disagio.