Turismo del vino: lento, sostenibile e sicuro

E’ stato appena presentato il  XVI Rapporto sull’enoturismo nel Belpaese. Una nicchia (se così si può dire) che nel 2019 ha messo a segno un + 7% di visitatori, passati da 14 a 15 milioni, e un + 6% di giro d’affari, che ha toccato i 2,65 miliardi di euro. Insomma, un “tesoro” tutto italiano da coltivare e promuovere con grande attenzione, anche in tempi difficili per il turismo come quelli che stiamo vivendo. Certo, è facile prevedere che nel 2020 questa modalità di viaggiare subirà una battuta d’arresto, anche se l’estate con la riscoperta della campagna e dei borghi minori, più congeniali alla nuova vacanza “protetta”, potrebbe risvegliare l’interesse per tantissimi italiani verso una forma di turismo tra vigne, degustazioni all’aperto e piazze mai affollate. “Lo studio dimostra ancora una volta lo standard più elevato di qualità delle Città del Vino nell’accoglienza enoturistica” ha detto il presidente Floriano Zambon “e questo favorisce la ripresa, finita la fase d’emergenza, perché siamo avvantaggiati da condizioni ambientali, strutturali e di lunga esperienza che ben si adattano alla rinnovata idea di un turismo lento, piacevole, sicuro e di prossimità. C’è ancora molto da fare sui territori ma siamo già in linea con questo trend di sostenibilità ambientale, economica e sociale, valori e obiettivi che sono anche nell’agenda europea”.

Accessibilità dei territori

“Va bene lo sviluppo di servizi e contenuti virtuali che la rete digitale ci può offrire, come tutti abbiamo visto in questi mesi, ma parallelamente dobbiamo lavorare su una nuova accessibilità dei territori: ambienti concreti e reali che vanno resi più fruibili e sicuri” ha dichiarato il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon. “Questo comporta la necessità di riqualificare e creare nuovi sentieri, piste ciclabili, percorsi enoturistici, segnaletica, itinerari ed esperienze culturali, ma anche infrastrutture di servizio e connessioni digitali adeguate ai territori più rurali e svantaggiati dal digital divide. Nell’immediato le cantine si stanno organizzando per superare la fase di ripartenza, ma per il futuro non possiamo pensare che lo sviluppo enoturistico ricada soltanto sulle spalle e sulle risorse dei produttori. Anche le istituzioni locali devono essere messe in condizioni d’esercitare il loro ruolo oggi più strategico che mai per lo sviluppo di un turismo del vino ancora più intelligente, sostenibile e rassicurante, che raccolga le nuove sfide e vada nella direzione della nuova agenda economica, più rispettosa dell’ambiente e delle comunità. L’attuale crisi economica e i limiti della globalizzazione saranno superati con il ruolo forte degli Stati e dei governi. Allo stesso modo – conclude Zambon – lo sviluppo locale, anche enoturistico, vedrà un impegno più forte e incisivo delle istituzioni dei territori, dalle Regioni fino ai Comuni”.

Il turista del vino italiano

Ma chi  il turista del vino italiano? Ha un’età media di 48 anni e almeno una volta l’anno fa una piccola vacanza o una breve escursione anche solo giornaliera nelle cantine, preferendo quelle vicino casa. Il 45% del campione ha dichiarato di visitare e trascorrere un periodo di vacanza nei territori del vino almeno una volta l’anno; il 30% più di una volta l’anno; il 9% almeno una volta al mese. Ed è un turista del vino prevalentemente “regionale” poiché il 30% rientra normalmente a casa a fine giornata e il 23% rientra sempre a casa. Nel 60% dei casi i turisti hanno anche dichiarato infatti di visitare più frequentemente le cantine della regione di residenza. Per l’escursionista giornaliero la spesa si assesta mediamente a 80 euro tra acquisti e degustazioni; mentre per chi pernotta la spesa giornaliera sale in media a 155 euro.