Tecnologie 4.0 e Pmi: finanziamenti per economia circolare e risparmio energetico

Le Piccole e medie imprese italiane potranno contare su 678 milioni di euro di finanziamenti per realizzare progetti innovativi legati a tecnologie 4.0, economia circolare e risparmio energetico. Un decreto firmato dal ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, disciplina infatti i finanziamenti garantiti dal programma d’investimento europeo React-Eu e dai fondi di coesione, e istituisce un nuovo regime di aiuti per gli investimenti delle Pmi. In particolare, i finanziamenti sono destinati per circa 250 milioni agli investimenti da realizzare nelle regioni del Centro e Nord Italia, mentre circa 428 milioni sono previsti per quelli da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno, ovvero, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Ai progetti proposti dalle Piccole e medie imprese sarà destinato il 25% delle risorse.

L’importo massimo agevolabile non deve superare 3 milioni di euro a investimento

L’importo massimo agevolabile per ogni investimento innovativo non potrà essere superiore a 3 milioni di euro, e dovrà favorire la trasformazione digitale dell’attività manifatturiera delle Pmi attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti individuate dal piano Transizione 4.0. Una particolare attenzione verrà rivolta ai progetti che puntano a favorire l’economia circolare, la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico.

Ancora da definire termini e modalità di presentazione della domanda

Tuttavia, le imprese che richiederanno l’agevolazione non dovranno aver effettuato, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, una delocalizzazione verso uno stabilimento situato in un’altra parte dello Spazio Economico Europeo (SEE) che realizzi prodotti o servizi oggetto dell’investimento, impegnandosi a non farlo anche per i 2 anni successivi al completamento dell’investimento stesso. Le Piccole e medie imprese interessate ai finanziamenti potranno presentare domanda nei termini e nelle modalità che verranno definite con un successivo provvedimento ministeriale, riporta Adnkronos.

“Incrementare la produttività e migliorare la sostenibilità ambientale”

“Da ministro dello sviluppo economico è mio dovere tutelare le imprese italiane, individuando tutte le risorse e gli strumenti necessari per sostenere gli investimenti in progetti innovativi che mirano anche a ridurre l’impatto energetico sui processi produttivi – ha dichiarato il ministro Giancarlo Giorgetti -. È questa un’altra importante linea d’azione da perseguire per fronteggiare, in un’ottica di medio e lungo periodo, il caro bollette. La capacità del nostro sistema imprenditoriale di rimanere competitivo sui mercati – ha aggiunto il ministro – passa infatti dall’ammodernamento degli impianti attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, che oltre a incrementare la produttività e migliorare la sostenibilità ambientale, devono favorire sviluppo e occupazione”.

Anche per il mercato dei Droni il 2021 è l’anno di ripartenza

Nel 2021 il mercato professionale dei droni in Italia ha raggiunto il valore di 94 milioni di euro, +29% rispetto al 2020. Un valore che però non è stato sufficiente a tornare ai livelli pre-pandemia (117 milioni di euro nel 2019). Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano, le imprese attive nel settore a livello nazionale oggi sono 713, con 45 chiusure nel 2021 (111 dal 2018-2021), a indicare l’evoluzione in atto nel comparto. Di fatto, in questi due anni le esigenze di distanziamento sociale, monitoraggio e consegne rapide ed efficienti, hanno mostrato in modo chiaro le potenzialità del mercato dei droni. E dopo la frenata provocata dalla pandemia nel 2020, il 2021 è stato un anno di ripartenza per il settore.

Il segmento operativo e l’Advanced Air Mobility

Il mercato ha iniziato ad articolarsi in due segmenti distinti. Quello operativo, costituito da droni medio/piccoli in grado di svolgere attività a valore aggiunto per i settori più tradizionali, che al momento è l’unico a generare ricavi, e l’Advanced Air Mobility, costituito da droni mediamente più grandi in grado di effettuare trasporti di beni e persone. Un segmento ancora agli albori, ma di grande prospettiva. Per questo segmento in Italia oggi si contano 21 progetti, sperimentati o solamente annunciati. E l’Italia è anche apripista in Europa con il Piano Strategico Nazionale 2021-2030 per lo sviluppo della Mobilità Aerea Avanzata dell’ENAC.

Si punta l’attenzione sullo sviluppo del volo BVLOS e del volo autonomo

A livello mondiale i casi applicativi di droni totali censiti dall’Osservatorio sono 755 tra il 2019 e il 2021, di cui quasi il 42% realizzati nell’ultimo anno. Dopo la riduzione del 20% registrata nel 2020, nel 2021 le applicazioni hanno ricominciate a crescere, superando anche il valore del 2019 (245).  I due ambiti su cui focalizzare l’attenzione nel breve periodo sono lo sviluppo del volo BVLOS e quello del volo autonomo. Nel volo BVLOS ENAC ha autorizzato 11 sperimentazioni nel 2021 e l’interesse a livello italiano è alto: il 52% delle imprese è interessata a effettuare queste sperimentazioni. Il volo autonomo è invece la prima priorità indicata dalle imprese dell’offerta, tanto che il 63% è estremamente interessato allo sviluppo di questi sistemi.

La crescita del settore deve passare dal processo di innovazione

Il 41% delle imprese ritiene che il Regolamento Europeo Droni stia già dando un forte impulso al mercato, contro il 32% delle imprese più scettico. Quello che sembra mancare è la sua piena applicabilità, ritenuta un forte freno dal 64% degli intervistati. La crescita del settore, soprattutto nel segmento operativo, deve passare dal processo di innovazione. Le imprese stanno investendo soprattutto sull’efficientamento dei processi e dell’organizzazione aziendale (55%), sul marketing e le vendite (43%), meno sullo sviluppo di hardware (30%) e software (26%). Il 69% delle imprese investe infatti meno del 30% della spesa in Ricerca e Sviluppo nel business dei droni.
Una percentuale non sufficiente a portare reale innovazione sul fronte tecnico e tecnologico.

Industria lombarda, crescono gli investimenti in tecnologie green

Aumenta l’impegno sulle tematiche ambientali delle industrie lombarde, sempre più attente a questi temi, e gli investimenti in tecnologie green nel futuro cresceranno in tutti i settori. Secondo il focus realizzato da Unioncamere Lombardia, i principali interventi realizzati riguardano l’acquisto di macchinari a minor consumo energetico e l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile. L’impegno sui temi ambientali risulta strettamente legato alla dimensione dell’impresa: nell’industria, settore composto da realtà mediamente più grandi, il 43% ha già realizzato o sta realizzando azioni green che vadano oltre gli obblighi normativi, mentre nell’artigianato/manifatturiero la percentuale scende al 21%, un valore inferiore anche al commercio al dettaglio (27%) e ai servizi (24%).

Servizi, prospettive di sviluppo significative

Se l’orizzonte temporale viene allargato ai prossimi anni, la percentuale di imprese interessate a investire in tecnologie green cresce in tutti i settori, raggiungendo il 57% nell’industria, il 41% nei servizi, il 39% nel commercio e il 30% nell’artigianato. Nei servizi, in particolare, il progresso rispetto all’impegno attuale è particolarmente significativo (+17%), delineando prospettive di sviluppo in un settore finora poco sensibile alle tematiche ambientali. I motivi che spingono le imprese in questa direzione sono prevalentemente di tipo etico, legati alla volontà di ridurre il proprio impatto ambientale, soprattutto nel manifatturiero.
Inoltre, le imprese industriali e artigiane segnalano l’opportunità di ridurre i costi di produzione, mentre nel terziario risultano più frequenti le considerazioni legate al miglioramento dell’immagine aziendale.

Il sistema lombardo prosegue nel percorso verso la transizione ecologica

“Nonostante gli effetti negativi dell’emergenza sanitaria, il sistema economico lombardo prosegue nel percorso verso la transizione ecologica – commenta Gian Domenico Auricchio, Presidente di Unioncamere Lombardia -, le imprese attive sui temi ambientali sono ancora una minoranza, ma cresce tra gli imprenditori la consapevolezza che le tematiche legate alla sostenibilità ambientale rappresentino un importante fattore di sviluppo futuro”.
Il tema dell’economia circolare evidenzia però un minor grado di coinvolgimento da parte delle imprese lombarde: la percentuale di quante dichiarano di aver intrapreso o di voler intraprendere azioni in questo senso è pari al 33% nell’industria, al 19% nel commercio, al 18% nell’artigianato e al 16% nei servizi, evidenziando anche in questo caso un legame diretto con la dimensione di impresa.

Il settore più consapevole sui temi della circolarità è quello industriale

Se nel manifatturiero e nei servizi gli interventi di economia circolare riguardano in gran parte la gestione dei rifiuti, nel commercio prevalgono la rigenerazione/rifabbricazione e l’ecodesign, segnale della presenza in questo comparto di una minoranza di imprese particolarmente mature nel percorso di transizione verso modelli di economia circolare. Considerando invece la totalità delle imprese il settore più consapevole sui temi della circolarità si conferma quello industriale, dove la percentuale di quanti non sanno indicare il modello di business più adatto si ferma al 49%, mentre negli altri comparti supera il 60%.
Le indicazioni delle imprese si concentrano sulla rigenerazione, e almeno per il manifatturiero, sull’upcycling, mentre nei servizi raccoglie una quota significativa lo sharing.

Iltalian sounding, il fake food italiano crea un danno di 100 miliardi

In parole tecniche si chiama “Italian sounding” e nel settore food è la contraffazione di cibi spacciati per italiani grazie a nomi che ricordano quelli originali. Tra i casi più eclatanti, ci sono Parmesan, che imita il Parmigiano Reggiano, Mozarella, che viene venduta per mozzarella di bufala, Salsa Pomarola, Zottarella o Spagheroni. Ovviamente, si tratta di prodotti lontanissimi dagli originali e che possono essere definiti a tutti gli effetti fake. Oltre a trarre in inganno gli ignari consumatori, questo fenomeno causa un danno economico gravissimo all’economia del Bel Paese. Oggi l’agropirateria internazionale ha un valore che ha raggiunto i 100 miliardi di euro, e il danno è aumentato del 70% negli ultimi 10 anni. Insomma, la situazione è grave e ßva arginata. 

Promuovere l’originale

E’ stato affrontato proprio questo argomento così delicato nel corso dell’evento web “Made in Italy ed eccellenze della cucina italiana. Viaggio intorno al mondo del 100% Italian Taste” promosso da ITA0039 by ASACERT in collaborazione con la Fondazione UniVerde e con il supporto di Coldiretti e Fondazione Campagna Amica, in partnership con PROMOItalia. Media partners: Italpress, Opera2030, GustoH24, Euro-Toques Europa. Gli esperti hanno affermato concordi che “Servono impegni concreti per facilitare la presenza di prodotti originali made in Italy sulla rete distributiva mondiale, fare la giusta informazione verso il consumatore estero sulla qualità del vero prodotto italiano, promuovere le produzioni dei territori e combattere il fake food, offrire tramite nuove tecnologie la possibilità di leggere in modo immediato il tracciamento del prodotto a scaffale e le attività certificate 100% Italian Taste”. 

Una certificazione che tuteli il Made in Italy
“Ben 8 italiani su 10 pensano che debba esserci una certificazione che si occupi di tutela del made in Italy nel campo della ristorazione. L’omologazione del cibo fatto in laboratorio, di cui si parla sempre più spesso, è contrario alla salute dei consumatori – ha detto Fabrizio Capaccioli, AD Asacert e ideatore del Protocollo ITA0039 -. Ci battiamo per filiere controllate e certificate, in favore proprio della salubrità degli alimenti che finiscono anche sulle tavole dei ristoranti. Certificarsi significa entrare in un network, è una opportunità, per i ristoratori e i produttori italiani di farsi conoscere all’estero. Con il Protocollo ITA0039 e con la nostra APP vogliamo mettere in evidenza coloro che rispettano criteri di approvvigionamento e autenticità certificati, con evidenti benefici in termini di trasparenza nei confronti dei consumatori”.
“I consumatori italiani sono ormai da tempo abituati a destreggiarsi tra le diverse certificazioni e sono perfettamente consapevoli di quanto questo strumento sia utile ad orientare le proprie scelte di consumo verso il prodotto 100% italiano” ha concluso Gianluca Lelli, Capo Area Economica di Coldiretti. “Questa attenzione alla qualità va trasferita anche al consumatore straniero per far capire come difendersi da falsi e italian sounding. La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo può servire a rendere sempre più concreto questo obiettivo”.

Calano le richieste di credito da parte delle aziende

Il consolidamento della ripresa economica, con il conseguente aumento dei flussi di cassa, ha attenuato le richieste di credito da parte delle aziende, e dopo il picco del 2020 ne riporta i volumi ai livelli pre-Covid. In particolare, nel terzo trimestre 2021 le esigenze di liquidità delle imprese diminuiscono del -18,8% rispetto al Q3 2020. Il trend in atto riguarda sia le società di capitali, che nel terzo trimestre dell’anno hanno fatto segnare un -13,5%, sia le imprese individuali, per le quali la contrazione è stata del -27,2%, in virtù della progressiva normalizzazione della situazione delle realtà particolarmente esposte agli effetti della pandemia. Allo stesso tempo, però, si assiste a una crescita per l’importo medio richiesto. È quanto emerge dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.

Migliora la congiuntura economica: meno tensioni sul fronte della liquidità
“Analogamente a quanto rilevato anche nel precedente trimestre, anche nel terzo trimestre dell’anno si conferma il trend di rallentamento delle richieste di credito delle imprese, che hanno meno tensioni sul fronte della liquidità grazie al progressivo consolidamento delle prospettive di crescita economica – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. – La combinazione tra il miglioramento della congiuntura economica e gli effetti dei provvedimenti straordinari varati per minimizzare l’impatto della pandemia sull’economia reale, in primis le moratorie, hanno avuto un impatto significativo sul contenimento della rischiosità creditizia e questo ha favorito anche politiche di erogazione più distese”.

Importo medio richiesto: +20,5% nel terzo trimestre 2021
Nell’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF si conferma anche il deciso incremento dell’importo medio richiesto (+20,5%), che nel terzo trimestre si attesta a 103.701 euro. Si tratta di una decisa impennata rispetto al valore mediamente richiesto, non solo nel 2020, ma anche negli anni precedenti. Complessivamente più di 5 richieste su 10 presenta un importo inferiore ai 20.000 euro, in funzione della preponderanza delle istruttorie riconducibili a micro e piccole imprese. Per quanto riguarda le imprese individuali, le richieste di credito presentano importo medio pari a 37.324 euro (+24,1% rispetto al corrispondente periodo 2020), mentre per le società di capitali l’importo medio richiesto ammonta a 138.206 euro (+14,6%).

In Trentino-Alto Adige l’importo medio è più elevato
A livello regionale, nel terzo trimestre del 2021 si registrano contrazioni particolarmente significative delle richieste di credito soprattutto nelle Marche (-25%), Basilicata (-24,7%) e Liguria (-22,9%).
Il Trentino-Alto Adige, invece, è la regione caratterizzata dall’importo medio più elevato (151.335 euro), seguita da Lombardia (111.003 euro) e Lazio (106.534 euro). All’opposto, l’ammontare più basso è stato riscontrato in Valle D’Aosta (43.598 euro), Sicilia (57.808 euro) e Sardegna (66.560 euro).

L’export italiano supera i livelli pre-pandemia, entro il 2023 varrà 532 miliardi

L’export italiano continua la sua crescita, e rispetto al calo in valore del 9,7% registrato nel 2020 nel 2021 si attende un rimbalzo dell’11,3%, che permetterà un pieno ritorno ai livelli pre-pandemia. Le previsioni stimano una crescita continua anche nel prossimo biennio, con un aumento ulteriore del 5,4% nel 2022 e nel biennio successivo una crescita in media del 4,0%. 
“Secondo le rilevazioni dell’Ufficio Studi di PwC l’export italiano, che nel 2021 ha già superato i livelli pre-pandemia, entro il 2023 toccherà 532 miliardi di euro, con una crescita del 24% rispetto al 2020 – spiega Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia -. A incidere positivamente saranno anche i 6,8 miliardi di risorse stanziate dal PNRR e i fondi complementari a sostegno diretto dell’agroalimentare italiano”. 

Aumenta il valore per le esportazioni agroalimentari

L’agroalimentare è il comparto che ha risentito meno della crisi pandemica, non essendo stato colpito da particolari restrizioni o fermi produttivi. Il Food, ma anche l’hospitality, restano infatti comparti chiave del tessuto produttivo italiano sui quali investire per il benessere del Paese. Secondo i dati Interscambio Settoriale Agroalimentare 2021, dell’Osservatorio Economico Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il valore dell’export nel mercato agroalimentare è in continua crescita, così come il suo peso sul totale dell’export italiano, che nel 2021 aumenterà dell’11% rispetto al valore di 44,6 miliardi di euro nel 2020. 

Settore alimentare, tassi di crescita superiori ai livelli pre-Covid fino al 2024 

Le previsioni dell’Ufficio Studi di PwC Italia per il periodo 2021-2024 segnalano tassi di crescita superiori ai livelli pre-Covid sia per gli scambi mondiali sia per le esportazioni italiane nel settore alimentare. Nel 2020 il valore delle vendite all’estero di prodotti italiani è rimasto in crescita, così come il suo peso sul totale dell’export italiano, passato dal 9,2% nel 2019 al 10,3% nel 2020. Ma a guidare la ripresa del settore agroalimentare sono anche i cambiamenti di consumo. Nel 2022 si mangerà più italiano, biologico e locale. La pandemia ha modificato la relazione dei consumatori con il cibo, evidenziando una maggiore attenzione per la salute, la cura per l’ambiente, con una propensione per il cibo italiano, biologico e locale.

Hospitality, ritorno a ritmi di sviluppo accelerati per gli scambi mondiali

Anche l’export italiano della Ristorazione professionale è in forte risalita, e nei primi tre mesi del 2021 registra un aumento del +20,8% a valore rispetto al primo trimestre 2020, superando anche i livelli pre-Covid con una crescita del +7,5% sullo stesso periodo del 2019. Entro il 2024 si prevede un ritorno a ritmi di sviluppo accelerati per gli scambi mondiali. Fra i segmenti più dinamici si evidenziano proprio la Ristorazione professionale (+6,9% medio annuo nel periodo 2021-’24 a valore) e la vendita di Caffè e macchine (+7% medio annuo). 
Anche a livello italiano, l’export dei servizi di hospitality sarà guidato dai comparti Caffe e macchine, panificazione e pasticceria.

Pmi più resilienti se evolvono secondo le direttrici del Next Generation

Secondo il report La nuova generazione di Aziende Private – Il percorso verso la resilienza e le opportunità del Next Generation Eu, di Deloitte Private, l’elemento che concorre alla resilienza delle Pmi è la tecnologia, e come priorità strategica la trasformazione digitale. Il tessuto produttivo italiano attribuisce un ruolo primario alla digitalizzazione, spinta proprio dalla crisi pandemica, con un aumento del 23% degli investimenti a contrastare il calo di fatturato e redditività. Nell’ultimo anno infatti il fatturato delle Pmi si è contratto in media del 10,6% e i margini operativi lordi hanno registrato una contrazione stimata al 22,8%, rischiando di metterne a repentaglio la resilienza. Ma secondo Deloitte Private, le organizzazioni a elevata resilienza sono il 31%, il 59% risulta a media resilienza, e solo il 10% risulta essere a bassa resilienza

Adeguare la visione strategica alle necessità imposte dalle contingenze

Per più di 3 leader aziendali su 4 la pandemia ha rappresentato un momento di riflessione durante il quale hanno appreso come affrontare una situazione delicata seguendo logiche svincolate dal business. In questo momento, le Pmi sono quindi chiamate ad attuare un tempestivo cambio di passo, interrompendo l’inerzia data dal contesto di incertezza e assumendo un’attitudine dinamica che abbracci elementi nuovi quali complessità, interdipendenza e multidimensionalità. L’obiettivo è quello di adeguare la propria visione strategica alle necessità imposte dalle contingenze, senza dimenticare le proprie specificità e punti di forza. I cinque principi a cui i leader delle Pmi devono continuare a ispirarsi nel percorso verso la resilienza, e che consentono di prosperare nonostante le difficoltà, sono prontezza, adattabilità, collaborazione, fiducia, responsabilità.

Il NGEU proietta Europa e Italia verso un futuro più digitale e sostenibile

Nell’ottica di facilitare la crescita, per le aziende risulta cruciale beneficiare dei provvedimenti emanati dai governi a sostegno dell’economia. In particolare, nel contesto europeo, il NGEU proietta l’Europa e l’Italia verso un futuro più digitale, sostenibile e inclusivo, un riferimento prioritario nel breve termine soprattutto per le Pmi italiane.
Quanto al contesto italiano, l’impatto della pandemia ha impresso un’accelerazione sulle priorità delle Pmi che si trovano in un percorso di trasformazione. Tanto che entro i prossimi 12 mesi, più di 8 aziende su 10 investiranno in digitalizzazione e innovazione al fine di migliorare la propria redditività, dato più evidente per le organizzazioni che si stanno già preparando al futuro post-pandemia.

Gli asset fondamentali per il successo di una strategia resiliente

Secondo la prospettiva di Deloitte Private, basata sul confronto con le aziende di equivalente dimensione e struttura organizzativa del Network internazionale Deloitte Private, le esigenze organizzative delle Pmi si possono raggruppare in sette categorie: strategy, capital, growth, operations, technology, work e society. Nella costruzione di organizzazioni più resilienti, si legge su ftaonline.com, in grado di resistere meglio alle crisi future, c’è una comune consapevolezza da parte delle aziende rispetto a queste sette priorità organizzative, le quali possono essere considerate come asset fondamentali per il successo di una strategia resiliente.

1.382 imprese della Lombardia innovano: a loro 14 milioni di euro dal Digital business

Sono complessivamente 14 milioni di dollari i contributi che la misura Digital Business per E-Commerce e Voucher digitali I4.0 di Regione Lombardia e  Camere di Commercio lombarde ha assegnato a 1.382 micro, piccole e medie imprese della Regione. Oltre agli 11 milioni e mezzo di euro iniziali si sono sommati altri 3 milioni e 200 mila euro stanziati da Regione Lombardia per soddisfare una platea più ampia di imprese che hanno aderito ai bandi. Le MPMI ammesse al contributo per la linea Voucher Digitali I4.0 sono state 783, alle quali si sommano altre 599 imprese per la linea E-Commerce.

L’investimento economico aumenterà

A testimoniare la bontà dell’iniziativa, c’è anche la previsione di aumentare l’investimento. Come ha dichiarato Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia: “Dopo aver verificato il grande interesse per l’iniziativa abbiamo deciso di aumentare l’investimento economico per dare la possibilità al maggior numero di aziende di beneficiare di questa opportunità”. 
“La rinascita – ha commentato Lara Magoni assessore al Turismo, Marketing territoriale e Moda di Regione Lombardia- parte da azioni profonde e condivise che guardino all’innovazione e alla digitalizzazione. L’obiettivo è valorizzare le competenze e le professionalità delle nostre aziende, senza dimenticare la tradizione e l’operosità tipiche lombarde”.

“Impegno costante per innovazione”

“Il digitale e l’e-commerce sono sempre più utilizzati dai nostri imprenditori per rilanciare la propria attività – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio presidente di Unioncamere Lombardia. Ne abbiamo avuto conferma dal successo riscontrato da questa misura messa in campo da Regione e dal Sistema camerale lombardo che ha visto esaurire 14 milioni di euro in poco tempo. Le Camere di Commercio lombarde con questa iniziativa confermano l’impegno costante a sostenere i processi di innovazione e digitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese lombarde e promuovere la crescita in ottica Impresa 4.0.”

Contributi per l’e-commerce, ecco le domande ammesse per provincia

Oltre ai Voucher digitali I4.0, sono stati concessi contributi per l’e-commerce per un valore di 5.691.612,98 euro. Ecco le domande ammesse, e il relativo importo assegnato, su base provinciale: Bergamo 61 domande e € 629.752,17; Brescia 208 € 1.883.337,12; Como 14 € 108.496,00; Cremona 17 € 145.853,57; Lecco 43 € 399.358,59; Lodi 2 € 24.900,00; Monza Brianza 21 € 223.252,90; Milano 137 € 1.502.131,80; Mantova 9 € 113.693,80; Pavia 31 € 207.716,71; Sondrio 25 € 160.559,72; Varese 31 € 292.560,60. I contributi per Voucher digitali I4.0 ammontano invece, in totale, a 8.272.987,33 euro.

Con la pandemia 1,3 miliardi di affitti non riscossi

L’impatto della pandemia è stato negativo anche sul mercato degli affitti. Circa 1,9 milioni di famiglie italiane si sono trovate in difficoltà e hanno ritardato o saltato una o più rate d’affitto tra marzo 2020 e maggio 2021. A fotografare la situazione è l’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different, da cui emerge che più di 1 locatore su 3 (39%), pari a 1,7 milioni di proprietari immobiliari, ha dovuto fare i conti con un inquilino moroso. Un danno economico importante, considerando che in media per ogni abitazione oggetto di insolvenza le rate non pagate sono state 5, per un importo pari a 1.740 euro. Si stima quindi che il mercato delle locazioni abitative abbia perso nell’ultimo anno una somma prossima a 1,3 miliardi di euro in canoni non riscossi.

Rate in ritardo o non pagate

Le situazioni di morosità sono state rilevate su tutto il territorio nazionale, ma in maniera più accentuata nel Centro e Sud Italia, dove la percentuale di proprietari che ha avuto problemi di insolvenza è stata del 51%, a fronte di una media nazionale del 39%.
A livello nazionale, il 30,3% dei locatori afferma di aver ricevuto in media, 4 rate con un ritardo di 31 giorni, mentre il 14% di aver perso del tutto uno o più canoni mensili. Le cause di ritardi o mancati pagamenti? Nel 35,1% dei casi l’affittuario aveva un problema di lavoro (il 19,1% era in cassa integrazione, il 16% lo aveva perso), mentre nel 35,9% dei casi l’inquilino si trovava in difficoltà economiche, percentuale che arriva al 39,2% nelle regioni del Nord Italia.

Il 15,3% dei proprietari ha scelto di procedere per vie legali

La maggior parte delle volte (39,7%) il proprietario ha deciso di concedere ulteriore tempo agli affittuari per saldare quanto dovuto, mentre nel 16% dei casi ha preferito pattuire un nuovo accordo economico. Il 15,3% ha invece scelto di procedere per vie legali, percentuale che arriva addirittura al 23,5% nelle regioni del Nord Italia. E se nel 51% dei casi la situazione è stata risolta e l’inquilino, un tempo moroso, abita ancora nell’immobile, nel 22,1% dei casi il proprietario ha dichiarato di essere in attesa che l’affittuario venga sfrattato o che lasci libero l’appartamento.

Il mercato degli affitti e le garanzie richieste

In totale sono potenzialmente 445.000 le famiglie che quando terminerà il blocco degli sfratti previsto dal Governo, potrebbero dover lasciare l’abitazione concessa in affitto. In Italia ci sono circa 4,3 milioni di locatori, per un totale di 5,6 milioni di immobili concessi in affitto con regolare contratto (fonte: Agenzia delle Entrate). La forma di garanzia più richiesta agli inquilini è il deposito cauzionale, e alla stipula del contratto il 36,4% degli immobili locati aveva a garanzia un anticipo di due mesi di affitto, il 32,6% tre mesi, il 27,9% un solo mese. Resta ancora marginale l’uso di altre garanzie: solo il 5,2% degli immobili era coperto da fideiussione bancaria.

Legno-arredo, nel 2020 -8,2% fatturato. Tengono cucina e bagno

Nel 2020 il fatturato delle maggiori aziende italiane del settore del mobile e dell’illuminazione ha segnato una flessione dell’8,2% sul 2019, in particolare, del -9% per le vendite all’estero e del -7,6% sul mercato interno. Nell’anno della pandemia è il segmento del mobile di alta gamma a fronteggiare il maggior calo di vendite, pari al -11,6%, superiore a quello delle imprese che operano nella fascia più economica, che registrano una contrazione del -6,9%. Per il 2021 però è previsto un forte rimbalzo dell’8,7%, con il 52,5% delle aziende che stima un incremento degli investimenti rispetto all’anno precedente. Si tratta di alcuni dati emersi dal Report dal titolo La filiera del legno-arredo e illuminazione condotto dall’Area Studi di Mediobanca.

Flessioni più ampie per illuminazione e poltrone e divani

Con riferimento alle specialità, le flessioni più ampie hanno coinvolto soprattutto i produttori di illuminazione, che registrano un calo del -13,1%, i produttori di poltrone e divani (-12,5%), e le realtà che operano a monte della filiera nella lavorazione del legno (-11,7%). Secondo il report di Mediobanca, segnali di migliore tenuta, invece, arrivano dal segmento cucine (-4,5%), sedie, tavoli e parti accessorie (-3,4%), e arredo bagno (-1,1%).

Export, contrazioni a doppia cifra: contractor -24%, sedute imbottite -17,6%

Segnali ancora più negativi si riscontrano per l’export. Le vendite estere hanno infatti segnato contrazioni a doppia cifra, in particolare, per i contractor (-24%) e le sedute imbottite (-17,6%). Per il 2021 le aspettative di una crescita del fatturato superiore al 5% riguardano però il 79,2% delle imprese, con un 47,5% che intravede la possibilità di una ripresa che vada oltre il 10%. Solo l’11,9% delle aziende prospetta un calo delle vendite, mentre il 78,2% lo ha già subìto nel corso del 2020.

Ottimismo dei singoli comparti per un recupero nel 2021

Il report di Mediobanca segnala però che i singoli comparti appaiono ottimisti di recuperare rispetto al quadro consegnato dal 2020. Nell’insieme, il rimbalzo si attesta all’8,7%, con intonazione migliore sul mercato interno (+9,7%) rispetto all’export (+7,6%). L’alta gamma (+9,4%), poi, andrebbe meglio delle produzioni massive (+8,5%), mentre si attendono di chiudere il 2021 in doppia cifra i produttori di living & sleeping (+12,6%) e quelli di legno grezzo e semilavorati (+11,2%). I tre segmenti che hanno contenuto le perdite nel 2020, riporta Askanews, proseguirebbero di buona lena anche nel 2021, ovvero cucine (+9,1%), bagni (+8,5%), sedie, tavoli e parti accessorie (+6,9%).