Le tendenze del 2024 secondo Pinterest

Quali saranno i temi più popolari e rilevanti nel 2024? Lo svela il Pinterest Predicts 2024, che dalla moda al beauty, dall’arredamento ai viaggi fino alla new genitorialità ha analizzato miliardi di ricerche online effettuate da oltre 480 milioni di persone utilizzando un modello basato sul machine learning. 

Insomma, la decima edizione del Pinterest Predicts è un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che hanno bisogno di sapere, prima di chiunque altro, ciò che guadagnerà sempre più popolarità nel 2024.
Qualche esempio? La moda farà spazio allo stile vintage dei nonni, ma con un tocco eclettico da parte di GenZ e Boomer, che combineranno cardigan old style e pantaloni in velluto, in un look che esprime in pieno la propria unica personalità.

Dal Medusa Style all’opulenza oversize

Altra novità assoluta è il Medusa style, la più grande fonte d’ispirazione nel 2024, con il boom di ricerche per ‘taglio capelli a medusa’ e ‘lampada medusa’.
GenZ e Millennials poi adorneranno abiti, scarpe, make-up, acconciature e gioielli con fiocchi di ogni dimensione e formato. Ma ornamenti e accessori saranno anche più grandi, audaci e vistosi. Si preferirà l’opulenza oversize, acquistando elementi che si abbinano ad acconciature vaporose.

Continuerà a crescere anche la popolarità dei toni freddi e argentei: dal beauty alla moda fino al design l’estetica sarà heavy metal. Ma dalla moda all’arredamento degli interni fino a drink e snack si affermano anche le suggestioni esotiche e tropicali. E direttamente dagli anni ‘60 torna il make-up color acquamarina, con il blu protagonista in tutte le sue sfumature.

A tutto jazz e matrimoni hippie

Nel corso del 2024 il gioco del volano avrà sempre più appassionati, e il jazz conquisterà il cuore di Millennial e GenZ, che abbandoneranno i ritmi elettronici a favore di atmosfere decisamente più retrò. 

Quanto alla forma fisica, stop alla predilezione per il workout a bassa intensità: nel 2024 Millennials e GenZ si dedicheranno agli sport da combattimento, e se bodycare sarà la parola dell’anno per quanto riguarda bellezza e benessere, nel 2024 si farà a gara a recuperare il recuperabile. E se il relax più totale sarà il miglior compagno di viaggio, Nel 2024, dopo un addio al nubilato d’ispirazione hippie, Boomer e Millennial diranno sì tra decorazioni in stile disco.

Festeggiamenti per i piccoli trionfi

Continuerà poi il trend che combina i piatti preferiti in accoppiate stravaganti, da ‘quesadilla hamburger’ a ‘carbonara ramen’, con GenZ e Millennial che daranno un tocco più personale alla cucina e alla zona cottura. Basta con la tradizione contadina, largo al kitsch. O allo stile caffetteria.

Nel 2024 però GenX e Millennial diventeranno provetti ‘giardinieri subacquei’, dando vita ad acquari e terrari.
Si cercherà anche di rendere grazioso tutto ciò che ruota attorno al denaro, e i genitori non potranno fare a meno di celebrare i piccoli traguardi di figli e figlie. Come? Cercando ispirazione per ‘idee mesiversario’, ‘premio uso del vasino’ o ‘festa per il primo dentino’.

L’IA? Fa parte della quotidianità (anche se non ne siamo consapevoli)

L’Intelligenza Artificiale (IA) è entrata nelle nostre vite da diversi anni e la utilizziamo quotidianamente senza rendercene conto, ad esempio attraverso i nostri smartphone. Negli ultimi tempi, sono emersi strumenti innovativi chiamati “Intelligenza Artificiale Generativa,” come ChatGPT e Midjourney, capaci di creare nuovi contenuti descrivendoli semplicemente.
Questa rivoluzione solleva interrogativi sul nostro rapporto con le macchine, sempre più creative, e sul tipo di società che ci troveremo ad affrontare. La nuova edizione dell’Osservatorio Nuove Tecnologie di Ipsos, in collaborazione con Vincenzo Cosenza, approfondisce proprio il tema dell’Intelligenza Artificiale e della GenAI.

Gli italiani conoscono il tema e le app “intelligenti”

Dalla ricerca emerge che, tra i vari temi tecnologici, l’Intelligenza Artificiale è l’argomento più conosciuto, con un aumento significativo nella conoscenza delle app di AI Generativa. I livelli di fiducia nella GenAI sono discretamente alti, ma c’è una richiesta di maggiori garanzie e normative, soprattutto per quanto riguarda la veridicità delle risposte e la trasparenza nelle fonti utilizzate per generare il contenuto.

Nell’ambito lavorativo, si registrano sentimenti contrastanti sull’impatto della GenAI. Tuttavia, c’è una maggiore propensione a intraprendere percorsi di formazione per acquisire competenze digitali, specialmente tra i più giovani.

ChatGPT di OpenAI è l’app di GenAI più famosa

ChatGPT di OpenAI risulta essere l’app di GenAI più conosciuta, probabilmente a causa della sua maggiore esposizione mediatica e della sua interfaccia user-friendly. Recentemente, la notizia del ritorno di Sam Altman come Amministratore Delegato di OpenAI ha attirato l’attenzione, evidenziando le dinamiche aziendali.

L’utilizzo dell’AI Generativa è prevalente a fini personali e creativi, seguito dal lavoro e studio. Tuttavia, sorgono preoccupazioni riguardo alla perdita di posti di lavoro e alla minaccia per la creatività.
Gli italiani, pur mostrando fiducia nell’IA Generativa, sono consapevoli dei rischi e propensi a intraprendere percorsi di formazione.

Sfide e opportunità

Guardando al futuro nel 2040, gli intervistati si dividono sul ruolo degli automi dotati di AI: alcuni prevedono un utilizzo limitato a settori specifici, mentre altri immaginano una rivoluzione nella forza lavoro umana. Le previsioni suggeriscono che l’IA avrà un impatto significativo in settori come la medicina, l’automazione industriale, l’assistenza virtuale e la sicurezza.
In conclusione, la presenza dell’Intelligenza Artificiale nelle nostre vite è sempre più evidente, e il futuro ci presenta sfide e opportunità legate a questa tecnologia in continua evoluzione.

Mercato Logistica: in Italia cresce e nel 2023 vale 112 miliardi

Dall’aumento dei costi di produzione, del carburante e del denaro alla cronica mancanza di personale in questi ultimi anni il settore della Logistica in Italia ha dovuto affrontare sfide continue. Ma a quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano, nel 2023 il fatturato della Contract Logistics in Italia continuerà la sua crescita, raggiungendo 112 miliardi di euro, anche se a un ritmo più moderato (+5,5%) rispetto ai due anni precedenti.

Nel 2021 la crescita è stata del +16,8% rispetto al 2020 per circa 100 miliardi di fatturato, mentre nel 2022, a fronte di un fatturato di 106 miliardi la crescita si è attestata a +6,4%.
Analizzando i dati 2021, la terziarizzazione in Italia ha raggiunto il 45,3% del valore delle attività logistiche (135,4 miliardi), contro un valore del mercato conto terzi (il fatturato diretto ai soli clienti) pari a 61,3 miliardi (+20,8%).

Manca la manodopera e diminuiscono le imprese

Sul fronte manodopera, mancano almeno 60.000 lavoratori. Circa il 75% dei fornitori di servizi logistici opera in condizioni di sottodimensionamento.

Una situazione resa ancora più difficile dalla scarsa partecipazione femminile (solo il 20,4% è rappresentato da donne), ma comunque migliore rispetto al resto d’Europa. Il Regno Unito, ad esempio, soffre uno shortage di 180.000 addetti, la Germania di 170.000, la Polonia di 160.000, per una carenza totale che supera 1,1 milioni nel Continente.
Continua poi la diminuzione del numero di imprese del settore, con l’uscita dal mercato soprattutto degli operatori più piccoli e meno strutturati. Nel 2020 le imprese della logistica erano 84.500, nel 2021 scendono a 82.000.

“Servono profonde trasformazioni e importanti investimenti”

Si notano però i primi segnali di accorciamento della filiera di fornitura verso una relazione più diretta tra committente e fornitore di servizi logistici.
Nel 2023 a livello nazionale si contano 14 operazioni di Merger and Acquisition, confermando il trend degli scorsi anni (15 operazioni del ‘22 e 24 nel ‘21) con un aumento progressivo di rilevanza delle singole operazioni in termini di dimensioni delle aziende acquisite e degli operatori coinvolti.

“Dall’aumento dei costi alla necessità di un approccio di business più sostenibile, dall’omnicanalità allo sviluppo dei mercati internazionali, fino ai nuovi equilibri delle filiere e lo shortage di persone e competenze, le aziende della Logistica hanno di fronte molteplici sfide che richiedono profonde trasformazioni e importanti investimenti”, commenta Marco Melacini, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Contract Logistics.

Tecnologie 4.0 e sostenibilità

Anche nel mondo della Logistica si osserva un continuo sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni 4.0, accompagnato a una nuova attenzione alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica.
In futuro, nell’introduzione di tecnologie di Logistica 4.0, sempre più aziende adotteranno un approccio di design di processo human-centric. Ad esempio, con soluzioni innovative per la pianificazione che curano le preferenze e le condizioni di lavoro degli autisti. Oppure, con soluzioni per il monitoraggio delle attività e l’organizzazione del lavoro.
Device di ultima generazione, ad esempio, permettono di segnalare e correggere dinamiche e movimenti che possono gravare sulla salute e la sicurezza. E stanno emergendo soluzioni per consentire il remote working non solo per il personale di ufficio.

Meta: Facebook e Instagram a pagamento senza pubblicità in UE

Da novembre 2023 in Europa Facebook e Instagram saranno a pagamento, ma con la pubblicità si potranno continuare a utilizzare gratuitamente.
“Crediamo fermamente in una internet gratuita supportata dagli annunci, e continueremo a offrire l’accesso gratuito ai nostri prodotti e servizi – spiega Meta – indipendentemente dalle diverse disponibilità economiche. Ci impegniamo a mantenere le informazioni delle persone private e sicure, ai sensi delle nostre normative e del Regolamento Ue sulla protezione dei dati”.

Gli utenti europei avranno quindi la possibilità di pagare un abbonamento mensile per utilizzare i due social senza pubblicità. In alternativa, potranno continuare a utilizzare le piattaforme gratuitamente, ma visualizzando inserzioni pubblicitarie, considerate pertinenti.

Costo abbonamenti mensili: 9,99 euro sul web, 12,99 su smartphone

“Per ottemperare alle normative Europee in continua evoluzione – aggiunge la piattaforma – stiamo introducendo la possibilità di sottoscrivere un abbonamento in Ue, See e in Svizzera. A novembre, offriremo alle persone che utilizzano Facebook o Instagram che risiedono in queste regioni la possibilità di continuare a utilizzare questi servizi personalizzati gratuitamente con la pubblicità, oppure di sottoscrivere un abbonamento per non visualizzare più le inserzioni.
Le informazioni delle persone che decideranno di sottoscrivere l’abbonamento non saranno utilizzate per gli annunci pubblicitari. A seconda che si scelga di attivare l’abbonamento sul web o da mobile – spiega ancora Meta – il costo sarà rispettivamente di 9,99 euro al mese sul web o di 12,99 euro al mese su iOS e Android”.

Fino al 1° marzo niente costi aggiuntivi

Indipendentemente da dove si effettui l’acquisto, l’abbonamento sarà valido per tutti gli account Facebook e Instagram collegati al Centro gestione account dell’utente.

Fino al 1° marzo 2024 l’abbonamento iniziale sarà valido per tutti gli account collegati al Centro gestione account dell’utente, in seguito, per ogni ulteriore account inserito nel Centro gestione account dell’utente si applicherà un costo aggiuntivo di 6 euro al mese per gli abbonamenti sottoscritti sul web, e 8 euro al mese per quelli attivati su iOS e Android”, riporta Ansa.

Il futuro dei social non è più gratis

Una mossa assolutamente importante, questa, per il movimento dei social a pagamento. Perché si passa per la prima volta, concretamente, dalle teorie ai fatti.
Il primo a creare dibattito, e a muoversi in questo senso, è stato Elon Musk, che dopo aver acquistato Twitter (oggi X) ha spinto sull’acceleratore del piano in abbonamento.

Tuttavia, riferisce Il Sole 24 Ore, in questo caso il discorso sembra diverso. Perché Meta, a differenza di X, per ora non pare aver in mente un piano che preveda per chi si abbona un servizio differente, se non per l’aspetto meramente pubblicitario. Insomma, il futuro dei social potrebbe essere presto riscritto.

Uno studente su 3 vorrebbe fare un lavoro manuale, ma le famiglie preferiscono l’università

Non è vero che i giovani non vogliono più fare lavori tecnici e manuali. Più di uno studente italiano su tre vorrebbe fare l’autoriparatore, l’elettricista, il tecnico manutentore o programmatore, oppure l’addetto all’assemblaggio e alle macchine industriali.
È questo il futuro professionale immaginato dal 39% degli studenti, emerso dalla ricerca di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group, svolta in collaborazione con Skuola.net e La Fabbrica. 
Il problema è che spesso il desiderio dei ragazzi e delle ragazze non riceve adeguato supporto, e di fronte alle aspettative delle famiglie e alla direzione tracciata dalle attività di orientamento a scuola il sogno di un lavoro manuale finisce ‘nel cassetto’.
Il che è ancora più significativo, considerando che si tratta di profili professionali tra i più carenti e più richiesti dal mercato del lavoro.

Oltre 7 genitori su 10 sognano la laurea

Le facoltà universitarie sono di gran lunga la prima opzione per i genitori con figli che studiano al liceo e agli istituti tecnici, e la seconda per chi ha figli agli istituti professionali, subito dopo l’ingresso nel mercato del lavoro.
Oltre 7 genitori su 10 (72%) vorrebbero vedere il proprio figlio o figlia all’università.
A questa prima forma di pressione sociale si aggiungono le attività di orientamento a scuola: per 8 studenti su 10 (76%) sono anch’esse sbilanciate verso l’università, traducendosi in presentazioni di facoltà e corsi di laurea.
L’orientamento, poi, inizia troppo tardi. Solo uno studente su dieci (11%) lo comincia entro la terza superiore, il 33% non prima della quinta, e uno su quattro addirittura non lo fa (26%).

I docenti non conoscono i programmi di apprendistato

Non è un caso, allora, che solo uno studente su cinque (21%) conosca bene i percorsi Its e Ifts, in misura maggiore ragazzi (31% vs 17% ragazze). E se il 29% di studenti ne ha sentito solo parlare, per il restante 50% è buio totale.
Non va meglio con i docenti: negli istituti tecnici il 25% non conosce questi percorsi, percentuale che sale al 46% nei licei.
La situazione ancora peggiore per gli Ifts, pressoché sconosciuti al 57% dei docenti degli istituti tecnici e al 70% di quelli liceali.
Più in generale, è l’apprendistato di I livello a non aver fatto breccia. Il 58% dei docenti non ha informazioni su queste opportunità di inserimento lavorativo, dato che sale al 77% tra i genitori.

Accompagnare ragazze e ragazzi lungo un percorso post-diploma

I programmi di orientamento sono in larga misura poco adeguati ad accompagnare gli studenti verso un percorso post-diploma, e poco attenti a supportarli nella costruzione consapevole di un percorso di vita.
Tra le lacune da migliorare, gli studenti vorrebbero più esperienze pratiche in grado di avvicinarli per davvero al mondo del lavoro, come stage e tirocini (31%), visite o incontri in realtà lavorative (23%).
Dai docenti e dai genitori arriva invece l’auspicio di ricevere maggiore formazione per affiancare i ragazzi.
Un’esigenza particolarmente sentita dai docenti più giovani, della Generazione Z e Y, dove a desiderarla è addirittura il 61% dei professori.

Platform Thinking: la potenza delle piattaforme trasforma il business

Il Platform Thinking è la capacità di utilizzare meccanismi basati su piattaforme per la trasformazione del business di una qualsiasi azienda.
È una strategia di innovazione che interessa 9 imprese su 10 dell’indice S&P 500. Il 92% ha infatti sviluppato un’iniziativa in qualche modo legata a una piattaforma, ma solo una su tre sta sfruttando appieno le opportunità derivanti dal Platform Thinking.

Dalla diffusione di realtà come Spotify per ascoltare la musica senza acquistare cd, Airbnb per alloggiare in una città senza usare l’albergo, Facebook o Google per informarsi senza acquistare quotidiani, le piattaforme sono diventate parte integrante della vita quotidiana, rimodellando il modo in cui si comunica, si fanno acquisti, si accede all’intrattenimento.
Emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Platform Thinking Hub della School of Management del Politecnico di Milano.

Scalabilità ed efficacia a disposizione di tutte le imprese

“La parola piattaforma è entrata nel linguaggio comune grazie alla diffusione di una miriade di servizi digitali – spiega Daniel Trabucchi, Direttore Scientifico dell’Osservatorio -. Ma le piattaforme non sono un fenomeno moderno, riservato a startup e aziende tech, radicato esclusivamente nella Silicon Valley. Le piattaforme sono strumenti per la trasformazione del business, applicabili a organizzazioni di qualsiasi tipo. Il Platform Thinking è la capacità di comprendere le dinamiche e le logiche di innovazione dei casi di successo digitali, mettendo la loro scalabilità ed efficacia a disposizione di tutte le imprese per attivare e supportare il loro processo di Business Transformation”.

Una prospettiva applicabile universalmente 

“Anche le aziende tradizionali italiane possono adottare un approccio di Platform Thinking – continua Tommaso Buganza, Responsabile Scientifico e Direttore dell’Osservatorio -. È possibile trarre insegnamento dalle esperienze di successo per promuovere l’innovazione secondo un nuovo paradigma. Quella del Platform Thinking è una prospettiva universalmente applicabile, dal settore manifatturiero ai servizi, dai nuovi arrivati digitali alle imprese collaudate nel tempo, dalle imprese a conduzione familiare alle multinazionali. Vedere un’opportunità di innovazione per le imprese esistenti, piuttosto che un semplice modello di business per le startup, permette di entrare in una nuova epoca, un vero e proprio ‘Rinascimento’ per le piattaforme”.

La diffusione del Platform Thinking

Delle prime 500 aziende dell’indice Standard & Poor, escludendo le sole 16 realtà con piattaforme ‘native’ (Google, Meta, Apple…), il 92% delle imprese (445) ha sviluppato una o più iniziative promuovendole come ‘piattaforma’. Ma nella maggioranza dei casi si tratta semplicemente di servizi lineari digitali, senza le caratteristiche che identificano le vere e proprie piattaforme.

Solo il 30% (135) sta sviluppando vere e proprie piattaforme sfruttandone l’efficacia e scalabilità, ma proprio questo 30% realizza il 34% delle vere iniziative di piattaforma tra quelle analizzate.
Questo indica che applicare il Platform Thinking può essere molto complesso nella fase iniziale, ma una volta che il meccanismo viene decodificato, implementato e appreso, viene replicato con successo.

Il cybercrime cresce, anche a causa dell’AI

Negli ultimi dieci anni si è assistito da parte delle aziende a una massiccia adozione del machine learning e dell’Intelligenza artificiale per automatizzare le operazioni e migliorare prodotti e servizi. 
Molti utenti però hanno avuto il primo contatto con tali tecnologie solo negli ultimi mesi, in particolare con l’AI generativa, per generare testi, codice e immagini.

Ma l’AI non rappresenta soltanto una delle rivoluzioni tecnologiche più importanti dell’ultimo decennio, avvisa Cisco Talos, è anche terreno fertile su cui prolifera la criminalità informatica, ed è già una realtà nella cybersecurity.
Aziende e forze dell’ordine la utilizzano per sviluppare nuovi strumenti, tattiche e strategie per automatizzare l’analisi dei dati, effettuare la rilevazione predittiva delle attività illecite e porre rimedio in modo più efficace. Mentre i criminali informatici la utilizzano per migliorare e rendere più efficienti gli attacchi.

Attacchi sempre più sofisticati

Tra i vantaggi principali dell’utilizzo dell’AI da parte dei criminali la minore necessità di coinvolgimento umano nello sviluppo di software, codice, estorsioni e truffe, e la possibilità di analizzare velocemente enormi quantità di informazioni, individuare vulnerabilità e obiettivi.

L’analisi dei big data richiede, invece, notevole potenza di calcolo, limitando la sua applicazione alle organizzazioni criminali più grandi o sponsorizzate da Paesi che possiedono un’infrastruttura capace di offrire tale potenza di calcolo.
L’AI permette inoltre di sviluppare attacchi phishing e social più sofisticati, come la creazione di deepfake incredibilmente realistici, siti web ingannevoli, campagne di disinformazione, profili fraudolenti sui social media e bot sempre più complessi.

Propagare disinformazione 

Le organizzazioni criminali sponsorizzate dagli Stati utilizzano l’AI per propagare disinformazione e manipolare gli utenti. Queste tattiche implicano la creazione e la diffusione di contenuti ingannevoli, tra cui deepfake, clonazione vocale, articoli falsi e impiego di bot.
Ma l’AI consente anche la creazione di malware sofisticati, adattabili e difficilmente rilevabili, tramite l’utilizzo di meccanismi ‘auto-metamorfici’ che permettono di modificare la loro natura in base all’ambiente in cui operano.

I ricercatori hanno mostrato come l’AI possa essere utilizzata per effettuare attacchi mirati e intelligenti: il malware si attiva solo quando trova il target previsto ed è in grado di sfuggire alla rilevazione nascondendosi all’interno di applicazioni benigne.

Un ruolo cruciale per la cybersecurity

Ovviamente, anche i professionisti della cybersecurity e le forze dell’ordine possono sfruttarne le potenzialità per sviluppare strumenti, tattiche e strategie innovative nella loro lotta contro il cybercrime moderno.

L’AI permette infatti la rilevazione e la prevenzione delle minacce informatiche più precise ed efficaci. La risposta immediata agli incidenti informatici e l’analisi automatizzata di grandi quantità di dati per identificare le compromissioni sono tra i principali vantaggi dell’utilizzo dell’AI. Che, esaminando questi set di dati, può identificare modelli e tendenze che aiutano gli esperti a restringere l’origine di un attacco.
Ma l’AI permette di utilizzare anche un altro strumento prezioso, l’analisi predittiva, con cui le aziende possono anticipare potenziali minacce informatiche e vulnerabilità adottando un approccio proattivo alla sicurezza.

Amazon vuole potenziare Alexa con l’Intelligenza artificiale generativa

Lo ha recentemente annunciato Amazon durante l’evento dedicato alla presentazione dei suoi nuovi prodotti: Alexa, l’assistente tecnologico vocale che trova spazio su milioni di piani cucina di tutto il mondo, sarà presto in grado di interagire con le persone in maniera più naturale. Amazon ha infatti intenzione di potenziare il suo servizio vocale basato su cloud, con la tecnologia di Intelligenza artificiale generativa. In questo modo Alexa potrà conversare in modo molto più simile a un essere umano di quanto abbia fatto finora. E presto sarà possibile provare i nuovi dialoghi con l’assistente vocale anche sui vecchi Echo.

La novità è prevista per l’inizio del prossimo anno

Durante l’evento Amazon ha svelato i suoi piani per l’introduzione dell’AI generativa in tutti i dispositivi Alexa, sia quelli nuovi sia quelli esistenti, come gli Echo. Una novità la cui uscita è prevista per l’inizio del prossimo anno. Grazie a una costante ricerca di miglioramenti nelle soluzioni tecnologiche, Amazon sta quindi puntando a rendere Alexa più umana nel modo in cui si esprime, in particolare, introducendo inflessioni emotive nella voce del dispositivo, come risate o cenni di sorpresa.
“Ho sempre sostenuto che Alexa sia la migliore Intelligenza artificiale personale, ma finora è stata un po’ troppo transazionale per i nostri gusti – ha commentato Dave Limp, vicepresidente senior dei dispositivi e dei servizi di Amazon -. Questo era dovuto alle limitazioni della tecnologia, non alla nostra visione. Ora è possibile condurre conversazioni quasi umane con Alexa”.

Durante la prima dimostrazione dal vivo Alexa ha parlato di calcio 

La dimostrazione di queste nuove capacità è stata effettuata sul nuovo Echo Show 8. Durante la presentazione, Dave Limp ha tenuto una conversazione dal vivo con Alexa sul tema del calcio, e il dispositivo ha ricordato la squadra universitaria preferita di Limp senza che il vicepresidente dovesse menzionarla. Il servizio vocale ha anche suggerito opzioni contestuali per la cena durante la visione di una partita con gli amici, e ha generato all’istante un invito per l’evento.

Nel 2023 le azioni tecnologiche dell’azienda a +31% sul Nasdaq Composite 

Ma un’ulteriore buona notizia per i clienti Echo è che potranno provare gratuitamente queste nuove capacità conversazionali sui dispositivi che già possiedono, compresi quelli usciti per la prima volta nel 2014. In ogni caso, riferisce Adnkronos, il fervore per il futuro dell’Intelligenza artificiale quest’anno ha fatto impennare le azioni tecnologiche di Amazon, con l’Indice Nasdaq Composite che nel 2023 ha registrato un aumento del 31%. Tanto che il valore azionario di Amazon quest’anno è aumentato di oltre il 60%.

Produzione industriale in calo: a luglio – 0,7%, in un anno -2,1%

Al netto degli effetti di calendario, a luglio 2023 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 2,1%, dove i giorni lavorativi di calendario sono stati 21, come a luglio 2022. Tra i principali settori cresce solo quello dei beni strumentali (+3,0%), mentre calano i beni di consumo (-3,7%), l’energia (-4,0%) e i beni intermedi (-4,5%). Sempre a luglio l’Istat stima per l’indice destagionalizzato della produzione industriale italiana una diminuzione dello 0,7% rispetto a giugno.
L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+3,7%), mentre diminuisce per i beni intermedi (-0,5%), i beni strumentali (-1,5%) e per i beni di consumo (-1,6%).
Nella media del trimestre maggio-luglio, poi, il livello della produzione aumenta dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. 

Variazioni tendenziali positive per mezzi di trasporto, prodotti farmaceutici, pc

I soli settori di attività economica che presentano variazioni tendenziali positive sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,8%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+0,4%). I settori rimanenti sono tutti in flessione, di cui le più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,3%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-10,8%), e nell’attività estrattiva (-10,1%).

Cali diffusi ma più marcati per energia e beni intermedi

“Dopo due mesi di crescita congiunturale l’indice destagionalizzato della produzione industriale registra, a luglio, una diminuzione, diffusa ai principali comparti con l’esclusione dell’energia – ha commentato l’Istat -. È, tuttavia, lievemente positivo l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice generale è in flessione. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie si osservano cali diffusi a esclusione dei beni strumentali, più marcati per l’energia e i beni intermedi”.

È un segnale di allarme, ma i dati erano attesi

Secondo il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, intervistato da Rai3, riporta Adnkronos, il calo della produzione industriale rilevato dall’Istat “è un segnale di allarme”, ritenendo comunque i dati ‘attesi’. Il ministro ha attribuito il declino all’aumento dei prezzi dell’energia deciso da Opec e Russia, la recessione tedesca e il rialzo dei tassi della Bce, che hanno reso più difficile investire per imprese e famiglie. “Inevitabilmente ci sono contraccolpi sull’economia italiana – ha sottolineato il ministro – e il primo impatto è sull’industria”.

Le imprese giovanili sono più ottimiste e innovatrici

Fatturano, assumono e innovano di più, sono più fiduciose nel futuro, ma sono meno presenti all’estero e le barriere economiche rischiano di frenarne la crescita. È l’identikit delle imprese guidate dai giovani under35 tracciato dal Centro Studi Tagliacarne. Secondo l’indagine il 49% delle imprese under35 nel 2023 prevede di aumentare il fatturato (42% non giovanili), e per il 43% delle imprese giovanili (vs 34%) le attese di crescita restano positive anche per il 2024. In aumento anche le previsioni occupazionali (31% imprese giovani, 23% over35), anche perché sarà necessario equipaggiarsi con personale qualificato per sfruttare al meglio gli investimenti.

Export in ritardo rispetto alle imprese più “mature”

Tuttavia, in termini di export le imprese giovanili mostrano un ritardo rispetto alle loro colleghe più ‘mature’: il 38% delle aziende under35 nel 2023 esporterà a fronte del 45% delle non giovanili. Nonostante la minore presenza sui mercati stranieri, le imprese giovanili che esportano sembrano però avere una marcia in più. Per il 2023 il 44% prevede aumenti delle vendite all’estero contro il 33% delle non giovanili, mentre per il 2024 gli incrementi sono stimati dal 42% del campione (contro il 31%). Nel complesso, per aumentare le vendite oltreconfine, le imprese giovanili contano di utilizzare principalmente strategie improntate sulla qualità dei prodotti (42%) e investimenti in comunicazione e branding (24%).

Più investimenti under35 nella transizione green e digitale

Le imprese giovanili investiranno comunque più delle altre nella transizione green e digitale. Tra il 2023 e il 2025, il 53% delle imprese giovanili investirà in green e il 48% in digitale (contro, rispettivamente, il 45% e il 41% delle over 35). Mentre il 36% delle imprese under35 ha in programma di investire contemporaneamente in digitale e green. Ma le risorse economiche insufficienti all’interno dell’azienda, e i tassi di interesse elevati per l’accesso al credito, sono i principali ostacoli che rischiano di intralciare il loro cammino verso la transizione.

Le risorse economiche sono un problema

Le barriere economiche sono infatti un problema per il 39% delle imprese giovanili che non intendono investire nella sostenibilità (31% non giovanili) e per il 45% che prevede di non fare investimenti 4.0 (29% non giovanili).
Se le risorse economiche sono problema, quelle del PNRR possono essere una boccata di ossigeno. Così il 9% delle imprese giovanili si è già attivata sui progetti di supporto alle imprese legati al PNRR, e il 19% ha in programma di attivarsi. Tuttavia, riporta Italpress, l’eccessiva burocrazia è per 7 imprese giovanili su 10 di gran lunga l’ostacolo maggiore.