Dopo il diploma meglio una laurea o un lavoro?

Sebbene la carriera universitaria resti il percorso principale per 1 studente su 2, molti si orientano su diverse alternative: 1 su 10 è orientato verso i corsi professionali non universitari, 1 su 5 punta a cercare lavoro, mentre 1 su 10 si rifugia nella prospettiva di andare all’estero. Ma la voglia di mettersi in gioco fin dai banchi di scuola è un elemento molto presente. Infatti, quasi la metà (45%) dei ragazzi intercettati dall’indagine Dopo il diploma, condotta da Skuola.net su un campione di 3mila alunni delle scuole superiori, mostra l’impegno nel fare qualche ‘lavoretto’: il 26% lo fa nei periodi di pausa dalla didattica, mentre il 19% anche durante i mesi di scuola.

Un diffuso senso di spaesamento

Complice anche il periodo storico, resta però un diffuso senso di spaesamento: quasi la metà degli studenti intervistati (45%) ammette di essere ancora disorientato su cosa fare dopo la scuola. E uno studente su 5 immagina che i mesi successivi al diploma saranno dedicati alla riflessione sul futuro o a un anno sabbatico. Di fatto, negli ultimi tempi l’obiettivo laurea sembra registrare un calo di appeal. Se è vero che rimane la strada maestra per la metà degli studenti delle superiori la flessione è sensibile: rispetto allo scorso anno l’11% di studenti in meno è intenzionato a considerare solo ed esclusivamente l’opzione università. D’altronde, quest’anno, per la prima volta i licei hanno registrato una flessione delle iscrizioni rispetto a dodici mesi fa. Un fatto storico che non avveniva da un decennio.  

Guadagnare con il digitale

Per quanto riguarda chi già dedica un po’ di tempo al lavoro, oltre alle mansioni più conosciute, come camerieri, fattorini, baby-sitter, 1 su 7 punta su lavori digitali, sfruttando le occasioni fornite dal web e dalle nuove tecnologie informatiche.
Tra le “prove tecniche di lavoro” degli studenti è significativo infatti che 1 su 7 guadagni puntando su lavori digitali, ovvero quelli che sfruttano il web e le nuove tecnologie informatiche. I più diffusi riguardano ambiti come l’e-commerce, lo sviluppo e la gestione di app e servizi online, la gestione di pagine social, il fintech (acquisto/vendita di criptovalute, trading online), l’influencer marketing, il gaming e l’informazione online.

Formazione e mondo del lavoro: una relazione complicata

Anche la complicata relazione tra formazione e mondo del lavoro sembra stia iniziando a cambiare. Circa 1 su 5, subito dopo il diploma, punta proprio ad avere presto un’occupazione: l’8% immettendosi direttamente nel mercato del lavoro, il 10% seguendo un corso, ITS o similare, che permetta di specializzarsi ma accorciando il tragitto che porta dai banchi di scuola al lavoro. E tra quanti hanno invece in programma di andare all’università, una quota simile, il 19%, che tra i maschi sale fino al 26%, cambierebbe idea se venisse a conoscenza di un percorso alternativo capace di garantire ampie possibilità di collocamento e opportunità di carriera. Non mancano poi quelli (7%) che sarebbero interessati a entrare nelle forze armate o di polizia. 

Italianità, salutismo e lifestyle: come sono cambiate le etichette dei prodotti

Le etichette dei prodotti della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) riflettono inevitabilmente i cambiamenti culturali della popolazione. Cambiano le persone, cambia l’opinione pubblica, cambiano i temi su cui concentrarsi: e ciò che compriamo non può che seguire queste nuove tendenze. Ha esplorato questo immenso universo l’ultimo Osservatorio Immagino di GS1 Italy, uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione.
La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 Italy, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani. Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati in Italia.

I fenomeni di consumo e relativi cambiamenti

«L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i relativi cambiamenti” ha spiegato  Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. “Industria e Distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più preparato e consapevole» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

Le nuove parole nel food

Sono particolarmente interessanti le parole che oggi appaiono sulle etichette dei prodotti food. La ricerca ha evidenziato le principali, che seguono. Italianità: viene spesa in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle indicazioni geografiche (come Dop e Igp) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza. Free from: si ritrova nei 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”. Rich-in: questo termine c’è nei 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti. Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”. Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal. Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ). Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood. Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza. Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.

Cyberattacchi: aumentano quelli che vanno a segno

L’ultimo rapporto sulle minacce informatiche dell’Osservatorio Cybersecurity di Exprivia tra luglio e settembre 2021 registra 273 fenomeni di cybercrimine, tra attacchi, incidenti e violazioni della privacy. Nel complesso, i fenomeni sono in diminuzione del -2,5% rispetto al trimestre precedente, ma le tecniche utilizzate dai cybercriminali sono in costante evoluzione, portando a segno 93 incidenti. In particolare, il numero di attacchi si attesta a 166, mentre si rilevano 14 violazioni della privacy, in crescita del 40% rispetto al trimestre precedente. Per queste ultime, inoltre, il Garante ha emesso circa sette milioni di euro di multe, dovute principalmente all’omessa o del tutto inesistente informativa sulla protezione dei dati personali e al loro utilizzo illecito. Di fatto in Italia gli attacchi informatici che vanno a buon fine sono in costante aumento, provocando danni a istituzioni, aziende e privati cittadini.

Sta crescendo velocemente il rapporto tra incidenti e attacchi

“Dobbiamo tenere la guardia ancora molto alta nella difesa della rete, in quanto in tutta Italia sta crescendo velocemente il rapporto tra incidenti e attacchi. Rispetto al primo trimestre dell’anno, infatti, quando andava a segno solo il 7% degli attacchi, tra luglio e settembre questo rapporto ha raggiunto il 56%, provocando danni sempre più gravi e irreparabili – commenta Domenico Raguseo, direttore Cybersecurity di Exprivia -. Dunque, dall’analisi emerge che da un lato gli attaccanti stanno mettendo in campo tecniche sempre più sofisticate, e dall’altro gli incidenti possono verificarsi anche a distanza di mesi, rendendo i sistemi vulnerabili per parecchio tempo”.

I settori più colpiti: Software/Hardware, Finance e PA

Nel terzo trimestre del 2021 il settore che ha registrato il maggior numero di incidenti è quello del Software/Hardware (34 episodi), quindi società ICT, di servizi digitali, piattaforme di e-commerce, dispositivi e sistemi operativi, che principalmente subiscono il furto di dati, come credenziali di accesso o informazioni sensibili. A seguire il settore Finance, dagli istituti bancari alle assicurazioni, alle piattaforme di criptovalute, con 19 casi, dove oltre al furto dei dati di carte di credito o accesso a conti bancari, si registra un aumento delle richieste di denaro. Nella PA, invece, sono stati registrati 14 incidenti, che hanno principalmente provocato ‘server interruption’, ossia l’interruzione dei sistemi informativi per bloccare l’operatività degli uffici pubblici.

Criminali sempre più scaltri, ma c’è maggior cultura sulla cyber-sicurezza

Se da una parte i criminali diventano sempre più scaltri affinando le loro tecniche, dall’altra il lungo lavoro di cultura sulla cyber-sicurezza, un tema sotto i riflettori dall’inizio della pandemia, inizia a dare i suoi frutti. Decresce infatti del 19% rispetto al trimestre precedente l’utilizzo della tecnica del phishing: le persone prestano più attenzione a tutte le modalità di adescamento tramite e-mail ingannevoli o social network. D’altro canto si riscontra un notevole aumento (+22%) nell’utilizzo di malware come vettore di attacco per sottrarre informazioni sensibili, principalmente mediante lo spionaggio delle attività bancarie degli utenti.

Sono più di 200 le nuove professioni dell’economia circolare

Sono oltre 200, e in continua crescita, le nuove professioni “generate” dell’economia circolare. Tra le nuove professioni censite da un’indagine realizzata da Randstad Research, emergono nuove figure professionali specifiche, quale Designer circolare, gestore della logistica inversa, esperto di blockchain per la sostenibilità, tecnico di gestione della filiera, carrellista digitale, passando per gli imprenditori e gli ingegneri gestionali che dovranno guidare le aziende nel processo di innovazione.
In ogni caso, al di là delle competenze specifiche richieste, sono i temi della circolarità e della sostenibilità a fare da collante tra i diversi ambiti professionali, ma anche tra le mansioni stesse. Le professioni dell’economia circolare richiedono infatti che le professioni entrino in connessione reciproca, intrecciandosi tra loro.
Si sta affacciando non solo un nuovo modello economico, quindi, ma anche un nuovo modello di lavoro.

È richiesto un mix di conoscenze ‘ibride’

Secondo la ricerca di Randstad le professioni coinvolte richiedono un mix di conoscenze ‘ibride’, ovvero, sia tecnico-scientifiche specifiche dell’ambito di riferimento, sia trasversali al settore. Un aspetto che evidenzia l’insufficienza di persone adeguatamente preparate per ricoprire questi ruoli, “con il rischio – commenta Randstad – di esasperare nei prossimi anni la cronica difficoltà di reperimento di personale”.
Secondo la ricerca di Randstad sarà quindi necessario superare i vecchi modelli di organizzazione del lavoro, e sarà necessario passare dalla segmentazione delle mansioni lavorative al collegamento tra queste.

Professioni centrali, specialistiche, e professioni emergenti trasversali

Nel repertorio aperto delle nuove professioni dell’economia circolare, Randstad Research ha rappresentato 15 ‘costellazioni’ professionali, costituite da tre gruppi di professioni: professioni centrali, professioni specialistiche, presenti solo in alcuni tipi specifici di aziende, e professioni emergenti trasversali.
Dall’analisi delle competenze richieste, nelle oltre 200 professioni individuate da Randstad Research, sono fondamentali principalmente le conoscenze tecnico-scientifiche, lo spirito di progettazione, l’attitudine al cambiamento, la capacità di gestione e di controllo, la conoscenza delle norme, la vocazione alla comunicazione e quella al coordinamento. Si tratta quindi, riporta Ansa, di profili ibridi che richiedono conoscenze più ricche del comune, e una maggiore capacità di mettersi ‘in connessione’ con altre professioni.

Il nostro sistema formativo deve attrezzarsi rapidamente

“È necessario sostenere lo sviluppo dell’economia circolare evitando colli di bottiglia nelle risorse umane – dichiara Daniele Fano, coordinatore del comitato scientifico di Ranstad Research – nei prossimi mesi, in cui l’Italia sarà impegnata nella transizione sostenibile, è destinato ad aggravarsi il problema del matching, la difficoltà a riempire i posti vacanti che già oggi ci affligge. Il nostro sistema formativo deve attrezzarsi rapidamente per formare il capitale umano che nei prossimi anni dovrà programmare, realizzare, e gestire tecnologie e servizi dell’economia circolare”.
Un piano per la formazione, si legge su ecologica.it, che secondo Fano dovrebbe riguardare “dalla scuola materna alla formazione continua”.

Consumi e intenzioni di acquisto degli italiani, +18,7%

Ad agosto crescono le intenzioni d’acquisto degli italiani in tutti i comparti, e raggiungono livelli superiori a quelli di febbraio. A soffrire è solo il settore viaggi, in calo del -23,8% sia per la paura di nuove ondate di contagio sia per la fine delle vacanze. L’Osservatorio Mensile Findomestic di settembre, realizzato dalla società di credito al consumo del gruppo BNP Paribas, in collaborazione con Eumetra, rileva come agosto sia stato un mese segnato dall’ottimismo, con intenzioni d’acquisto mediamente in crescita del +18,7% rispetto a luglio.

Gli incentivi hanno movimentato i mercati dell’energia (+51% di propensione all’acquisto di impianti solari termici) e della mobilità (+11,7% per le auto nuove), mentre la fine dell’estate, la voglia di concretizzare i progetti ideati nei mesi di lockdown, e i timori di una nuova chiusura, fanno aumentare le intenzioni d’acquisto di mobili (+18,3%). Il consolidarsi dello smart working poi spinge i consumatori a migliorare la dotazione tecnologica domestica, generando un’impennata della propensione all’acquisto di pc (+45%) e tablet (+36,9%).

Voglia di auto e moto, mobili, tv e HiFi

L’attesa degli incentivi alla mobilità sostenibile e l’utilizzo di un mezzo proprio a scapito di quelli pubblici ad agosto hanno trainato le intenzioni d’acquisto di auto nuove (+11,7%), auto usate (+12%), motocicli (+16,6%) ed e-bike (+24,2%). La previsione di un autunno più domestico spingono inoltre i consumatori a pensare di rendere la casa più confortevole. In agosto la propensione a ristrutturare casa è infatti aumentata del 19,4% rispetto al mese precedente, e quella di acquistare mobili del 18,3%, mentre l’incremento per tv e HiFi è del 25,3%.

Momento positivo per elettrodomestici e tecnologia

La crescente sensibilità verso la ristrutturazione degli spazi domestici, spinta dagli incentivi statali, riportano le intenzioni d’acquisto di elettrodomestici su livelli superiori al pre-Covid, con un +37,8% per i grandi e +19,1% per i piccoli. Ma le performance sono positive anche nel comparto tech, dove la propensione all’acquisto di pc e accessori ad agosto è cresciuta del 45,3% rispetto a luglio, così come quella di tablet ed e-book (+36,9%).

In aumento anche le intenzioni d’acquisto per il settore della telefonia (17,1%), fotocamere e videocamere (+10%).

Più efficienza energetica meno viaggi e vacanze

Gli italiani non vogliono perdere l’occasione per sfruttare gli incentivi legati all’efficienza energetica, tanto che la propensione all’acquisto di impianti solari termici è aumentata del 51%, di impianti fotovoltaici del 38,6%, e di infissi e serramenti del 25,6%. In negativo stufe e caldaie, che chiudono il mese a -1,6%.

L’andamento internazionale dei contagi ha invece frenato ancora di più la ripresa del settore viaggi e vacanze, che in agosto, complice la fine dell’estate e delle ferie, registra un calo delle intenzioni d’acquisto rispetto a luglio (-23,8%).

Diminuisce anche la propensione all’acquisto di attrezzature e abbigliamento sportivo, mentre aumenta quella per le attrezzature per il fai-da-te (+8,9%).

Quasi 3 imprese italiane su 4 valutano le performance dei dipendenti

Il 72% delle imprese italiane valuta le performance dei propri dipendenti, ma dal confronto internazionale emerge un divario di attenzione e organizzazione rispetto alla maggior parte degli altri paesi. Il 28% infatti non analizza le performance della forza lavoro: un dato 11 punti sopra la media globale. Soltanto le imprese di Lussemburgo (35%), Austria (34%), Grecia (32%) e Germania (32%) appaiono più disattente.

Poco più di un’azienda italiana su due (55%), inoltre, assegna un punteggio al lavoro dei propri dipendenti. In questo caso, si tratta di un valore di ben 17 punti inferiore alla media globale, e superiore soltanto al punteggio di Romania (54%), Nuova Zelanda (54%), Regno Unito (53%), Norvegia (53%) e Spagna (51%).

Lo rivela l’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, l’azienda mondiale nei servizi per le risorse umane.

Per il 37% delle aziende italiane il parere dei dipendenti non è richiesto

Il divario con gli altri paesi, riporta Adnkronos, si allarga ulteriormente se si analizzano l’interesse delle imprese per il parere della forza lavoro, e gli sforzi dei datori di lavoro per organizzare occasioni di feedback reciproco.

Per oltre un terzo delle aziende italiane infatti il parere dei dipendenti non è richiesto (37%), una percentuale in penultima posizione davanti al Giappone (39%). Nel 63% di aziende italiane in cui viene richiesto un parere ai lavoratori, invece, il 39% lo fa durante un colloquio personale, il 13% attraverso un sondaggio online, il 10% con una comunicazione scritta e l’1% impiegando altri strumenti.

Il 24% delle aziende valuta annualmente

Fra le imprese italiane che effettuano valutazioni sulla forza lavoro il 24% lo fa annualmente, il 7% ogni sei mesi, il 16% ogni trimestre, il 19% una volta al mese e il 7% una volta alla settimana. E se il 36% delle aziende fa ricorso al feedback in tempo reale dopo un evento, una riunione o una presentazione, poco più di un manager su due incoraggia lo scambio di opinioni fra colleghi in qualsiasi momento (55%). Davanti solo a Germania (54%), Austria (47%) e Giappone (37%).

Un momento che suscita emozioni contrastanti fra i lavoratori

Fra i lavoratori lo scambio di opinioni e valutazioni è un momento che suscita emozioni contrastanti. Il 35% pensa che sia di aiuto per comprendere gli obiettivi da raggiungere, il 32% rivela di sentirsi parte di un team, il 30% avverte un aumento della motivazione, il 27% lo vede come un’occasione di crescita personale, il 26% crede che favorisca una comunicazione aperta (-8%) e il 18% nota un incremento della propria efficienza.

Allo stesso tempo, emerge anche il disagio di sentirsi sotto esame (26%), il 27% ammette di fare fatica a non prendere sul personale un feedback negativo, e il 22% si sente vulnerabile. Il 19% poi ammette di non sapere come reagire, e il 15% crede che possa avere un impatto negativo sulla comunicazione.