Giovani e lavoro: sì, ma smart, sostenibile, con più tempo per sé

Nelle nuove generazioni l’atteggiamento verso il lavoro è differente. Flessibilità di orari, smartworking, welfare aziendale, possibilità di conciliare i tempi di vita-lavoro e sostenibilità, oltre a carriera e aspetti economici, per loro sono gli aspetti più importanti dell’attività lavorativa.
Tanto che dalle survey del centro ricerche Aidp (Associazione italiana direzione personale) emerge che le dimissioni volontarie hanno riguardato nel 70% dei casi giovani tra 26 e 35 anni.

“Le motivazioni di questo fenomeno sono state migliori condizioni di lavoro in termini di flessibilità di orari e modalità di lavoro”, spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp, all’Adnkronos/Labitalia. Infatti, nel 57% dei casi le aziende hanno difficoltà a trattenere o assumere personale se non viene garantito lo smartworking.

L’identikit del lavoro “tipo”

Il lavoro ideale per i giovani deve garantire il work-life balance declinabile nella possibilità di fare smartworking e uno stipendio adeguato non solo alle competenze, ma anche coerente con il costo della vita.
Inoltre, “un ambiente di lavoro aperto alle novità, quindi innovativo, tecnologico, in cui i giovani possano sentirsi liberi di esprimere le loro idee senza timore e in cui possano apportare, in maniera pragmatica, un valore aggiunto”, aggiunge Marandola.

Anche secondo Rosario Rasizza, presidente Assosomm e ad Openjobmetis, “il tema della conciliazione di tempi ed esigenze tra vita e lavoro è sempre più al centro dell’attenzione, non solo dei giovani”.
Riscoprire l’importanza di coltivare relazioni e passioni, anche al di là della vocazione professionale, è un’eredità della pandemia.

La risposta delle aziende

Dal canto loro, le aziende mostrano disponibilità nei confronti delle esigenze dei giovani. All’interno delle organizzazioni oggi si ascolta di più.
“Si stanno affermando forme di lavoro sempre più inclusive, socialmente responsabili e sostenibili – continua Marandola -. Gli Hr oggi sono più aperti al dialogo e all’ascolto e credo che questo cambiamento rappresenti, in un’ottica sia sociale sia lavorativa, un’importante svolta”.

E per Rasizza, le aziende “si stanno sempre più allineando, come dimostrano le richieste da parte delle nostre aziende clienti che spesso ci chiedono consulenza in tal senso. Qualche volta, rileviamo qualche resistenza nel prendere in considerazione misure più flessibili e inclusive, ma la strada è ormai segnata lungo questo trend”.

Ma a volte serve un po’ di apertura mentale

“Potremmo quasi dire – sottolinea Rasizza – che oggi sono i candidati, e ancor più se parliamo di giovani, a fare un colloquio ai loro potenziali datori di lavoro. È un segno dei tempi, da non far coincidere necessariamente con una scarsa disponibilità all’impegno e al sacrifico. Per contro, mi piacerebbe vedere una maggiore disponibilità di chi entra nel mercato del lavoro a prendere in considerazione opportunità magari non perfettamente in linea con i propri studi o i propri sogni: a volte, serve un po’ di coraggio e di apertura mentale nel costruirsi esperienze che saranno comunque in grado di fortificare hard e soft skill”.