Arrivano le 4 app che sfidano TikTok

Tik Tok si prepara a una nuova sfida. Oltre ai tentativi di controllare, o comunque limitare, l’app a opera soprattutto del governo Usa ora ci si mettono anche alcune app alternative a Tik Tok, già pronte a prendere il posto del popolare social cinese.

Tik Tok ha raggiunto i 2 miliardi di download, e per questo motivo fa gola a Microsoft. Ma secondo la rivista Technology Review del Mit (Massachusetts Institute of Technology), sono quattro i possibili candidati pronti a sostituirsi a Tik Tok.

Si tratta di app come Triller, al momento la concorrente più agguerrita, o Reels, lanciata di recente da Instagram, fino agli outsider Byte e Clash, nati entrambi dall’esperienza di Vine, la piattaforma video di Twitter chiusa nel 2016.

Il travaso di utenti verso Triller

Pur essendo stata lanciata nel 2015, Triller ha raggiunto una certa notorietà solo nell’ultimo periodo, proprio grazie alle vicende di TikTok. Il travaso di utenti, e anche di qualche influencer, ha portato l’applicazione a raggiungere i 250 milioni di download, ben lontani dai 2 miliardi della rivale, ma sufficienti a farla diventare l’app più scaricata a luglio in almeno 50 Paesi, Italia compresa.

“Potrebbe diventare potenzialmente il rifugio principale per gli influencer di TikTok, in cerca di un’altra app con caratteristiche simili che voglia investire su di loro – spiega alla rivista Alessandro Bogliari, esperto di social media -. Ora che qualche star di TikTok ha già lasciato per Triller altri potrebbero seguirli, portando con sé milioni di fan”.

Reels, una minaccia intergenerazionale per il social cinese

È ancora agli inizi invece Reels, applicazione appena lanciata all’interno di Instagram da Facebook, che permette di fare e condividere in uno spazio comune, accessibile da “esplora” video di 15 secondi con una serie di effetti. La chiave del possibile successo, secondo l’esperto Alessandro Bogliari, potrebbe essere nel fatto che Instagram è più intergenerazionale rispetto a TikTok, considerata abbastanza ancora una “riserva” per i più giovani, riferisce Ansa.

Clash e Byte, due nuove arrivate molto promettenti

Ancora in versione beta, invece, anche se è già giudicata molto promettente, la app Clash, ideata da Brendon McNerney, uno dei principali utilizzatori di Vine, che più di TikTok è orientata a far guadagnare i creatori di contenuti con propri video.

Ha pochi mesi anche Byte, l’ultima candidata secondo la rivista, ma che è riuscita già a catalizzare l’attenzione di un pubblico di nicchia, interessato più all’arte e alla musica.

Il timbracartellini Puma

Il timbracartellini Puma è un ottimo marcatempo con timbratura in colore nero a quattro colonne. Il dispositivo consente ai dipendenti di registrare il proprio ingresso o uscita dalla sede di lavoro in maniera davvero rapida e soprattutto semplice, grazie al comodo e ampio display LCD che consente di visionare in maniera chiara ed inequivocabile quello che è l’orario, nonché la data ed il giorno della settimana.

Segnalazione acustica ad ogni registrazione

Nel caso in cui il dipendente vada a timbrare l’orario di ingresso in ritardo, oppure quello di uscita in anticipo, l’orario sarà contrassegnato con un apposito asterisco, così da andare a facilitare il lavoro dell’ufficio personale che terrà conto di queste variazioni. Il display visualizza dunque sia la data che il giorno, oltre all’orario, ed effettua anche una segnalazione acustica nel momento in cui ingresso o l’uscita vengono registrati. È il dispositivo stesso a trascinare ed espellere il cartellino automaticamente per effettuare le operazioni di stampa, e riconosce automaticamente lo spazio in cui effettuare la marcatura.

Il timbracartellini Puma dispone anche una riserva di memoria tramite batteria al litio, così da continuare ad essere alimentato anche se dovesse mancare la corrente. Il suo calendario automatico consente di gestire autonomamente anche gli anni bisestili, e grazie alle apposite asole è possibile fissarlo a parete o anche sul tavolo, in base alle proprie necessità, così da rendere per i dipendenti particolarmente facili le operazioni di timbratura.

Non più code per timbrare l’ingresso o l’uscita

Si tratta di un dispositivo dal funzionamento semplice ma al tempo stesso efficace ed affidabile, che può consentire anche a diverse decine di dipendenti di timbrare in rapida sequenza il proprio ingresso o uscita dalla sede di lavoro in maniera rapida e senza andare a creare delle code. Sul suo sito ufficiale Cotini srl offre, inclusi nel prezzo del timbracartellini Puma, anche 50 cartellini ed un casellario in plastica da 5 posti. Infine, sempre sul sito ufficiale Cotini srl, è possibile visionare immagini dettagliate di questo articolo oppure anche altri modelli di timbra cartellini.

Il cibo italiano è sempre più amato, anche a domicilio

Il lockdown ha visto in aumento gli italiani che hanno utilizzato i servizi di Food Delivery, e se per molti è stata la prima volta, altrettanti hanno consolidato e incrementato l’abitudine di farsi consegnare a casa piatti già pronti. Le pietanze più ordinate per l’asporto? Secondo GfK Sinottica sono state la pizza, gli hamburger e il cibo italiano, in forte crescita rispetto ai piatti della cucina etnica. Durante la fase 1 dell’emergenza sanitaria, anche chi ha scelto di fare la spesa online ha preferito acquistare soprattutto prodotti alimentari Made in Italy.

Insomma, anche durante il periodo del lockdown i consumatori hanno dimostrato la predilezione per i prodotti e gli alimenti tipici della cucina tradizionale italiana.

Food Delivery +70% a marzo e aprile

Secondo i dati GfK Sinottica nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto al periodo precedente il confinamento, l’utilizzo di servizi di Food Delivery da parte degli italiani è cresciuto del +70%. E secondo le rilevazioni nella maggior parte dei casi gli utenti hanno scelto di farsi consegnare a domicilio soprattutto i piatti tipici della cucina italiana. Con i ristoranti chiusi e le lunghe file davanti ai supermercati che hanno caratterizzato le prime fasi dell’emergenza, in tantissimi hanno sfruttato il digitale per far arrivare a casa propria i prodotti di cui avevano bisogno per cucinare. Oppure hanno sperimentato, spesso per la prima volta, i servizi di consegna cibo a domicilio.

Pizza, hamburger e panini i più gettonati

Sempre secondo le rilevazioni di GfK Sinottica durante il lockdown il cibo più ordinato in assoluto attraverso i servizi di consegna domicilio è stata la pizza, seguita da hamburger e panini. Impossibilitati ad andare al ristorante e forse stanchi di cucinare, in molti hanno utilizzato il delivery per farsi arrivare a casa cibo italiano, salito al terzo posto tra le preferenze degli italiani.

Rispetto al periodo precedente all’emergenza Coronavirus risultano invece in calo gli ordini a domicilio di cibo cinese e kebab, rispettivamente al quarto e quinto posto.

Spesa online, +122%

L’amore per i prodotti Made in Italy è evidente anche tra chi ha fatto la spesa online durante il lockdown. Un’abitudine anche questa in forte crescita, che ha segnato un +122% rispetto al periodo precedente l’emergenza Covid-19.

Nel carrello digitale degli italiani sono finiti i prodotti tipici della dieta mediterranea, soprattutto verdure, seguite da pasta, frutta, pizza e pane.

Scelte che denotano anche una certa attenzione al benessere e al mantenimento di un’alimentazione sana, tenuta in considerazione anche, e forse soprattutto, durante la domiciliazione forzata.

Scende l’inflazione, ma aumenta il carrello della spesa

Mentre l’inflazione scende dello 0,2% il carrello della spesa si attesta al +2,4%. Secondo i dati definitivi di maggio resi noti dall’Istat si conferma la stangata per i prezzi dei beni alimentari e per la cura della casa e della persona. Insomma, gli unici acquisti che gli italiani potevano effettuare liberamente anche durante il lockdown. Rispetto ad aprile, la cui crescita era +2,5% a maggio si attesta al +2,4%. Solo un leggerissimo calo, quindi.

“Insomma, mentre la deflazione non ha alcun effetto pratico sulle tasche degli italiani, il carrello incide sul loro portafoglio, aumentando il costo della vita” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Un aumento del costo della vita di 212 euro in più all’anno

“Per una coppia con due figli, la famiglia tradizionale di una volta in teoria la deflazione dovrebbe portare a una riduzione della spesa – osserva ancora Dona – ma in pratica, visto che gli italiani non hanno potuto sfruttare appieno la riduzione dei prezzi, non potendo andare a fare la spesa come prima, salvo negli ultimi giorni di maggio, quello che incide è solo il carrello della spesa, che a +2,4% implica un aumento del costo della vita”. Che per i soli acquisti di tutti i giorni è pari a 212 euro in più su base annua. In particolare, per una coppia con 1 figlio, la tipologia di nucleo familiare ora più diffusa in Italia, il rialzo per le compere quotidiane è di 186 euro, mentre per una famiglia media è di 154 euro.

A maggio salgono i prezzi dei prodotti alimentari

A quanto rileva l’Istat, riporta Adnkronos, salgono i prezzi al consumo di alcuni prodotti alimentari, dai salumi (+3,7%) alla frutta (+7,9%) al latte (+3,5%) alla carne (+2,7%). Questo, in controtendenza con l’andamento generale che su base tendenziale vede il Paese. Da una analisi della Coldiretti rispetto ai dati dell’inflazione a maggio nel carrello della spesa si rilevano aumenti consistenti anche per il pesce surgelato (+5%), la verdura (+5,3%) pasta (+3,5%), burro (+2,1%), formaggi (+2,4%), acqua minerale (2,3%) e zucchero (+2,2%).

Si tratta di prodotti spinti dall’andamento anomalo della domanda, che ha favorito l’accumulo di scorte di prodotti soprattutto a lunga conservazione.

Incidono sulle quotazioni i problemi di ristoranti, bar, agriturismi e agricoltori

Ma, secondo Coldiretti, un’altra causa è rilevabile anche dallo sconvolgimento in atto sul mercato per le limitazioni ai consumi fuori casa, con le difficoltà per la ristorazione e per il commercio ambulante. A incidere sulle quotazioni sono stati infatti i problemi di ristoranti, bar, agriturismi, e in molte regioni, anche dei mercati rionali e degli agricoltori, che moltiplicando le offerte, ampliano la concorrenza aumentando le possibilità di scelta dei consumatori. Una situazione che ha favorito le speculazioni al ribasso nei campi e nelle stalle, con il taglio ai compensi pagati agli agricoltori e agli allevatori.

Turismo del vino: lento, sostenibile e sicuro

E’ stato appena presentato il  XVI Rapporto sull’enoturismo nel Belpaese. Una nicchia (se così si può dire) che nel 2019 ha messo a segno un + 7% di visitatori, passati da 14 a 15 milioni, e un + 6% di giro d’affari, che ha toccato i 2,65 miliardi di euro. Insomma, un “tesoro” tutto italiano da coltivare e promuovere con grande attenzione, anche in tempi difficili per il turismo come quelli che stiamo vivendo. Certo, è facile prevedere che nel 2020 questa modalità di viaggiare subirà una battuta d’arresto, anche se l’estate con la riscoperta della campagna e dei borghi minori, più congeniali alla nuova vacanza “protetta”, potrebbe risvegliare l’interesse per tantissimi italiani verso una forma di turismo tra vigne, degustazioni all’aperto e piazze mai affollate. “Lo studio dimostra ancora una volta lo standard più elevato di qualità delle Città del Vino nell’accoglienza enoturistica” ha detto il presidente Floriano Zambon “e questo favorisce la ripresa, finita la fase d’emergenza, perché siamo avvantaggiati da condizioni ambientali, strutturali e di lunga esperienza che ben si adattano alla rinnovata idea di un turismo lento, piacevole, sicuro e di prossimità. C’è ancora molto da fare sui territori ma siamo già in linea con questo trend di sostenibilità ambientale, economica e sociale, valori e obiettivi che sono anche nell’agenda europea”.

Accessibilità dei territori

“Va bene lo sviluppo di servizi e contenuti virtuali che la rete digitale ci può offrire, come tutti abbiamo visto in questi mesi, ma parallelamente dobbiamo lavorare su una nuova accessibilità dei territori: ambienti concreti e reali che vanno resi più fruibili e sicuri” ha dichiarato il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon. “Questo comporta la necessità di riqualificare e creare nuovi sentieri, piste ciclabili, percorsi enoturistici, segnaletica, itinerari ed esperienze culturali, ma anche infrastrutture di servizio e connessioni digitali adeguate ai territori più rurali e svantaggiati dal digital divide. Nell’immediato le cantine si stanno organizzando per superare la fase di ripartenza, ma per il futuro non possiamo pensare che lo sviluppo enoturistico ricada soltanto sulle spalle e sulle risorse dei produttori. Anche le istituzioni locali devono essere messe in condizioni d’esercitare il loro ruolo oggi più strategico che mai per lo sviluppo di un turismo del vino ancora più intelligente, sostenibile e rassicurante, che raccolga le nuove sfide e vada nella direzione della nuova agenda economica, più rispettosa dell’ambiente e delle comunità. L’attuale crisi economica e i limiti della globalizzazione saranno superati con il ruolo forte degli Stati e dei governi. Allo stesso modo – conclude Zambon – lo sviluppo locale, anche enoturistico, vedrà un impegno più forte e incisivo delle istituzioni dei territori, dalle Regioni fino ai Comuni”.

Il turista del vino italiano

Ma chi  il turista del vino italiano? Ha un’età media di 48 anni e almeno una volta l’anno fa una piccola vacanza o una breve escursione anche solo giornaliera nelle cantine, preferendo quelle vicino casa. Il 45% del campione ha dichiarato di visitare e trascorrere un periodo di vacanza nei territori del vino almeno una volta l’anno; il 30% più di una volta l’anno; il 9% almeno una volta al mese. Ed è un turista del vino prevalentemente “regionale” poiché il 30% rientra normalmente a casa a fine giornata e il 23% rientra sempre a casa. Nel 60% dei casi i turisti hanno anche dichiarato infatti di visitare più frequentemente le cantine della regione di residenza. Per l’escursionista giornaliero la spesa si assesta mediamente a 80 euro tra acquisti e degustazioni; mentre per chi pernotta la spesa giornaliera sale in media a 155 euro.  

Lo smart working piace agli italiani, ma un terzo non è attrezzato

Sono quasi due milioni gli italiani che hanno dovuto trasformare la propria casa in ufficio a causa dell’emergenza Covid-19. E dopo più di un mese di contenimento casalingo, l’80% dei lavoratori in smart working giudica positivamente questa modalità di lavoro. E c’è chi sarebbe addirittura disposto a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare dalla propria abitazione. È quanto emerge dal sondaggio condotto da IZI, in collaborazione con Comin & Partners, tra su un campione di 1000 persone che stanno sperimentando il lavoro agile. Purtroppo però, il telelavoro non è una scelta possibile per tutti. Un italiano su tre, infatti, ha problemi per l’accesso alla rete, o non dispone di computer e apparecchi tecnologici all’interno della propria abitazione.

Il 35% è disposto a lavorare a casa anche dopo la crisi

Il 35% degli intervistati sarebbe disposto a mantenere lo smart working anche superata la crisi sanitaria. Il 57%, poi, sarebbe disponibile a una formula di lavoro agile parziale, ed è significativa anche la percentuale, il 37%, di coloro che sarebbero disposti a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare dalla propria abitazione, riporta Ansa. Questo perché i vantaggi del telelavoro, secondo gli intervistati, sono numerosi. Al primo posto, per oltre un terzo degli intervistati, c’è il risparmio del tempo che solitamente si impiega per recarsi al lavoro. Inoltre, il 30% indica una maggiore flessibilità di orari, il 15% il risparmio economico su trasporti e pranzo, e il 13%e la possibilità di trascorrere più tempo con la famiglia. Minore, ma comunque interessante, il dato di quanti affermano di preferire il lavoro agile per la possibilità di mangiare più sano.

Le difficoltà maggiori: “non staccare mai” e organizzare il proprio tempo

In linea generale, il 58% si ritiene abbastanza soddisfatto della nuova modalità di lavoro, contro un 16% di coloro che si dichiarano poco soddisfatti.

Se da un lato a casa è più facile organizzare il lavoro dall’altro questo può portare a una difficoltà nel trovare il tempo da dedicare alle attività personali.

È esattamente per questo che il 23% ha dichiarato di “non staccare mai”, mentre il 5% fa fatica a organizzare il proprio tempo, e il 7% trova complesso gestire e pianificare il lavoro. Ma la mole di lavoro non è l’unico limite che lo smart working deve superare.

Non tutti hanno una connessine internet adeguata. E le distrazioni non mancano

Un limite decisivo alla diffusione dello smartworking è il fatto che un italiano su tre ha problemi di accesso a internet o non dispone di pc. Non sempre, infatti, si dispone di una connessione internet adeguata, abbastanza veloce da non complicare il normale svolgimento delle proprie mansioni. Inoltre, in questo momento di lockdown molti lavoratori non sono soli in casa, e i molti dispositivi utilizzati simultaneamente non consentono una connessione in grado di supportarli. Non è tutto. Tra coinquilini, famiglia, televisioni e quant’altro le distrazioni non mancano. Per il 13,4% non riuscire a trovare a giusta concentrazione per poter lavorare rappresenta un ulteriore ostacolo allo smart working.

Scuola on line, per la maggioranza degli studenti è promossa

Certo, non è ancora per tutti, ma per la maggior parte degli studenti è oramai una abitudine quotidiana: la didattica a distanza, attivata in corsa a seguito dell’emergenza coronavirus e delle successive restrizioni, sembra funzionare. I numeri relativi a professori e ragazzi collegati  migliorano di giorno in giorno, soprattutto sul fronte della qualità (a parte qualche differenza Nord-Sud). Se il quadro della scuola “da lontano” è tutto sommato positivo, non si possono però nascondere alcune criticità.

Il monitoraggio delle lezioni

A fare il punto sulla didattica via web è il nuovo monitoraggio settimanale dell’Osservatorio “Scuola a distanza” di Skuola.net, che ha coinvolto 25 mila alunni di medie e superiori. Tra questi ultimi, oltre 2 su 3 fanno ormai lezione in modo estremamente interattivo, collegandosi in video-conferenza con i professori, grazie alle piattaforme più evolute (la settimana precedente erano il 60%). Anche le scuole medie, seppur con qualche lentezza in più, crescono di buon grado: sono quasi 6 su 10 (una settimana fa erano meno della metà) i ragazzi che possono sfruttare i software di ultima generazione, anziché limitarsi all’uso del registro elettronico o al semplice svolgimento dei compiti assegnati a casa.

I dispositivi tecnologici non bastano

Certo è che per fare lezione a distanza servono gli strumenti adeguati e non tutte le famiglie possono schierare pc e device per i figli studenti. Il 27% degli intervistati, ad esempio, ha dichiarato che in casa non ci sono dispositivi a sufficienza (computer, tablet, ecc.) per far studiare i figli e lavorare i genitori nello stesso momento. Discorso simile per la connessione: il 23% ha ancora problemi di Rete (e un ulteriore 33% li ha risolti nel corso delle settimane). Tra i principali motivi di questa difficoltà, spiccano  la mancanza di un collegamento fisso veloce in grado di supportare lo svolgimento corretto delle lezioni (61%), il fatto di accedere da un hotspot mobile ma con copertura insufficiente o ancora la mancanza di Giga a disposizione (24%). Quasi uno studente su 10 (il 9%) non ha neppure questo.

Arrivano i voti
Sono invece partite alla grande le verifiche e le interrogazioni via web: più di uno studente su 2, sia alle medie sia alle superiori, le ha già sperimentate. Adesso la vera criticità è coinvolgere tutti gli studenti nella didattica a distanza, visto che una percentuale non bassissima di ragazzi dichiara di non essere stato ancora raggiunto dallo smart learning in forma ufficiale e codificata dall’istituto: sono il 6% alle superiori e 17% alle medie.

Dall’Ue arriva il Libro bianco sull’Intelligenza artificiale

Un’Intelligenza artificiale affidabile, sicura, sviluppata con collaborazioni tra Stati membri, comunità scientifica e partnership pubblico-private. Nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles la Commissione europea ha presentato il suo Libro bianco sull’Intelligenza artificiale. Obiettivo, mobilitare risorse e coinvolgere anche le imprese medie e piccole, ma anche avviare un dibattito sulle eccezioni alle regole che impediscono l’utilizzo generalizzato di sistemi di riconoscimento facciale o biometrico. L’Ue ha “tutto quel che serve per diventare leader su sistemi che possano essere utilizzati in sicurezza”. L’Europa può infatti contare su centri di eccellenza sulla ricerca nel digitale, e settori industriali e terziari competitivi, che spaziano dall’automotive all’energia, e dalla salute all’agricoltura. Ma servono regole chiare su sistemi che implicano rischi elevati.

Tracciabilità e trasparenza sui temi sensibili come salute, politiche e trasporti

Con il nuovo documento, l’Ue invoca “regole chiare” sui sistemi di IA, che di per sé implicano rischi elevati, ma senza creare “inutili fardelli” su altri segmenti meno problematici. Su temi sensibili come salute, politiche e trasporti, i sistemi di AI dovranno essere tracciabili, trasparenti a garantire una supervisione da parte dell’uomo, e non da parte di macchine o algoritmi, riporta Askanews.

Le autorità dovranno quindi poter effettuare controlli e certificare gli algoritmi che utilizzano dati riguardanti beni come giocattoli, cosmetici o auto.

L’apertura sul riconoscimento facciale

La speranza di Bruxelles è quella di fare in modo che i sistemi di AI, riconosciuti preziosi quanto pericolosi per l’umanità, vengano utilizzati nel rispetto delle leggi Ue e dei diritti dei suoi cittadini. L’esecutivo europeo cita più volte le tecniche di riconoscimento facciale, utilizzabili anche per l’identificazione biometrica in remoto. Quest’ultima forma più intrusiva di riconoscimento è oggi vietata nell’Ue, ma presto potrebbe cambiare tutto. L’identificazione biometrica in remoto, al momento, è infatti consentita solo per motivi di “sostanziale interesse pubblico”. Con il libro bianco, la Commissione lancia perciò un dibattito per capire quali circostanze possano giustificare le eccezioni, riferisce EuropaToday.

I sistemi di AI ad alto rischio andranno certificati, testati e controllati

I sistemi di Intelligenza artificiale ad alto rischio andranno perciò certificati, testati e controllati, come si fa per macchine, giocattoli per bambini e cosmetici. “Tutti i sistemi di Intelligenza artificiale sono i benvenuti nell’Ue”, chiarisce la presidente Ursula von der Leyen, a patto che ne rispettino le leggi.

“Oggi presentiamo la nostra ambizione per plasmare il futuro digitale dell’Europa che copre tutto, dalla sicurezza informatica alle infrastrutture critiche, dall’educazione digitale alle competenze, dalla democrazia ai media – commenta von der Leyen -. Voglio che l’Europa digitale rifletta il meglio dell’Europa: aperta, equa, diversa, democratica e fiduciosa.

Con Microsoft l’Intelligenza artificiale aiuta la salute

L’isola di Pasqua, la Città Vecchia di Edimburgo, Kilwa Kisiwani, in Tanzania, Chan Chan in Peru e la città-moschea di Bagerhat, in Bangladesh. Sono queste le cinque location scelte da Google per preservare in digitale i siti patrimonio dell’umanità minacciati dai cambiamenti climatici. Con il progetto Heritage on the Edge, Google Art & Culture rende infatti possibile accedere a oltre 50 mostre online volte a sensibilizzare il pubblico sugli effetti del riscaldamento globale sul patrimonio culturale. Il progetto si è svolto con il supporto di ICOMOS e CyArk, un’organizzazione che da una quindicina di anni è al lavoro per creare un archivio digitale dei tesori artistico/culturali a rischio nel mondo.

Droni e scanner 3D da Edimburgo all’Isola di Pasqua

Il progetto è stato realizzato con l’ausilio di droni e scanner 3D in collaborazione con esperti locali di ogni sito coinvolto. La raccolta dati delle cinque località storiche servirà anche per aiutare le comunità e gli studiosi locali a comprendere come preservarle. Grazie a spedizioni sul campo dotate delle più avanzate tecnologie, la città vecchia di Edimburgo, la città-moschea di Bagerhat in Bangladesh, Kilwa Kisiwani sulla costa Swahili in Tanzania, la città antica di Chan Chan in Perù e l’Isola di Pasqua ora offrono una prospettiva globale sul tema dei cambiamenti climatici e delle loro ripercussioni su monumenti, siti archeologici, e altre aree di interesse culturale, riporta Adnkronos.

Su Google Arts anche modelli in realtà aumentata

Sono anche disponibili i modelli in realtà aumentata della Moschea dalle Nove Cupole in Bangladesh e la fortezza di Ghereza (Tanzania), che ne consentono la visita virtuale. Grazie allo strumento Street view sarà infatti possibile effettuare tour a 360 gradi dei siti interessati, dove le immagini saranno arricchite da testi esplicativi. Per fruire il tutto basta andare sul sito di Google Arts ed entrare appunto in Heritage on the Edge. Dove chiunque può scaricare i dati rilevati da CyArk tramite la Google Cloud Platform.

Un supporto al lavoro di restauratori e ricercatori

Heritage on the Edge permette quindi di consultare una cinquantina di esposizioni online, che illustreranno l’impatto del clima sui monumenti.

Ma il progetto Heritage on the Edge non nasce solo con finalità documentarie. Nella mission di Google c’è anche il supporto al lavoro di restauratori e ricercatori alle prese con siti archeologici a rischio, che saranno aiutati dall’aver accesso a questa grande mole di dati.

Gli italiani vogliono un cambiamento sostenibile

Il cambiamento è necessario per uscire dallo stallo che caratterizza l’Italia, e puntare su clima, ambiente e sostenibilità è la ricetta giusta. Una voglia di cambiare che provoca contraccolpi sulla mobilità, sulla tavola e su una nuova modalità di partecipazione. A dare questa ventata di energia nuova Mezzogiorno e Centro Italia, con gli under 35 determinati a trascinare il Paese fuori dalla risacca. Ma sul fronte economico le difficoltà restano, con i consumi che anche nel 2020 faranno registrare una crescita stimata di circa mezzo punto percentuale. Questo il ritratto degli italiani secondo il sondaggio di fine anno di Coop-Nomisma, e le previsioni del Rapporto Coop.

Cambiare vita e dedicarsi alla cura, di se stessi e dell’ambiente

Il “cambiamento”, spiega la ricerca, passa infatti dal 14% delle citazioni del 2016 al 19% del 2020. Gli italiani infatti sognano di cambiare vita (35%), lavoro (27%), o addirittura trasferirsi all’estero (31%) e andare in pensione (44%). Ma è scorrendo la lista dei “Si lo farò” che emerge la voglia di rimettersi in gioco anche per generare effetti benefici sul mondo circostante. Gli italiani nel 2020 sono infatti determinati a dedicarsi alla cura, di se stessi (68%), e dell’ambiente. Con il 65% che userà meno plastica, il 64% intenzionato a sprecare di meno, il 63% a camminare di più a piedi. Tanto che è la mobilità green a crescere. Tra le prime volte di consumi/acquisti fanno la loro comparsa per il 7% degli italiani i servizi di sharing, per il 6% i monopattini elettrici e per il 2% la bicicletta, riporta Ansa.

Più sociali e meno social

Frequentare di più gli amici è un obiettivo nel 2020 per un italiano su 2, il volontariato conquista un suo spazio (26%) e compare una rinnovata voglia di socializzazione. Quanti immaginano un minore utilizzo di web e social network superano, anche se di poco, per la prima volta quelli che prevedono di esserne più assidui. Cresce, al contrario, la partecipazione a eventi pubblici, come manifestazioni, spettacoli, eventi sportivi, concerti. Ma gli italiani si dichiarano anche più votati alle battaglie comuni scendendo in piazza. Il 20% ha già manifestato nel 2019 e vorrà farlo ugualmente nel 2020.

Il sogno di una crescita economica, la certezza di dover spendere di più

In ogni caso la grande maggioranza degli italiani vorrebbe finalmente una crescita economica più robusta (85%), ma sa che non potrà essere così. Il 60% teme che lo spread torni a impennarsi, ma la maggior parte prevede comunque di spendere di più nel nuovo anno. Al top delle spese obbligate e in aumento le bollette, il carburante e le spese per il trasporto e per i servizi sanitari. Oltre a quelle obbligate mantengono saldi positivi anche le spese per l’alimentazione, per i viaggi, e ancora, per la cura personale.